Dagli anni ’30 in poi di acqua nei canali ne è passata. Il 5 dicembre di ogni anno, però, l’arrivo di Sinterklass si trascina inesorabilmente un dilemma lapidario: Zwarte Piet – il servo dal volto nero aiutante del portatore di doni San Nicola – è razzista?
Nel tempo il dibattito sulla figura di Pietro il Moro e la sua presunta o meno connotazione razziale hanno vissuto momenti di silenzio, un moderato dibattito subito dopo l’indipendenza delle ex-colonie olandesi, contestazioni sempre più violente negli ultimi anni.
Zwarte Piet lo si ama o lo si odia?
Il primo caso di utilizzo di Zwarte Piet come insulto razziale si verifica nel 1927 a Rotterdam: in un processo l’imputato si difende dichiarando che per strada riceveva costantemente insulti come “Zwarte Piet” o “Monkey Brand”. Nei decenni successivi si sarebbero verificati molti casi simili.
Nel 1930 Herman Salomonson sulle pagine del De Groene Amsterdammer dedica – in un famigerato “neger-nummer” – un approfondimento sugli stereotipi razziali. Molte critiche vengono espresse anche nei confronti di Zwarte Piet. Anche i soldati afro-americani di stanza nei Paesi Bassi alla fine della seconda guerra mondiale protestano contro la figura del servo nero. Nel 1968 Riet Grünbauer, un cittadino residente a De Bilt, pubblica un pezzo di opinione in cui si oppone alla “vecchia tradizione dello schiavo negro”.
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A partire dagli anni ’70 la critica al carattere razziale di Zwarte Piet ha assunto un carattere strutturale. Grazie soprattutto alle organizzazioni surinamesi nei Paesi Bassi.
Se anche ci si limitasse all’ultimo decennio, dalle manifestazioni del 2011 contro l’arrivo di Sinterklaas a Dordrecht di episodi ne sono capitati: nel novembre del 2014 il Consiglio di Stato vota a favore della mozione del sindaco…