di Martina Bertola
Fame nel mondo, guerre, conflitti e discriminazioni. Queste sono le tematiche che accomunano i vari vincitori del World Press Photo. Scorrendo la galleria dei primi premi, dal 1955 a oggi è possibile osservare come il mondo sia cambiato, quali siano stati gli eventi più significativi della storia e soprattutto come si è trasformato il nostro modo di percepirli.
La foto vincitrice della prima edizione sembra puntare molto sull’estetica del quadro. È il 1955 e il fotografo

danese Mogens von Haven riesce a cogliere il momento esatto in cui un motociclista, appena disarcionato dalla sua moto, cade per terra, mentre il mezzo continua la sua corsa in curva. In questa foto, scelta tra 310 scattate da 42 fotografi di tutto il mondo, sembra predominare il gusto estetico; la capacità del mezzo fotografico di sospendere il tempo, il gioco di velocità e confusione all’interno della linea armoniosa della curva.

In futuro la foto più simile a questa, in quanto legata allo sport, sarebbe stata quella di Stanislav Tereba, che nel 1959 ritraeva Miroslav Ctvrtnícek, portiere dello Sparta Praha, sotto la pioggia durante una partita a Praga. Bella e suggestiva, ma molto diversa dalla moto di von Haven. Qui la solitudine di Ctvrtnícek è quasi una metafora della solitudine dell’uomo.
Questi due scatti sembrano quasi delle eccezioni. Se si osservano i vincitori degli anni seguenti le foto si focalizzano sul racconto della storia e della società, il più delle volte nelle sue espressioni più tremende.
Alcune a distanza di anni in un certo senso si assomigliano. Nel 1961 Yasushi Nagao fotografa il momento in cui un politico giapponese viene assassinato da un fanatico.


Questo scatto riporta subito alla mente il vincitore del 2017, Burhan Ozbilici, famoso per la foto che ritrae l’omicida dell’ambasciatore russo con la vittima alle sue spalle.
Il fattore estetico si mescola con la capacità di suscitare emozioni, di raccontare la storia e spesso di mostrare il lato peggiore dell’uomo. Negli anni è evidente come, secondo i giudici, non sia essenziale la perfezione.
Per esempio il vincitore del 2016 Warren Richardson, che ha ripreso il passaggio di un neonato tra il filo spinato da parte di due migranti, ha vinto con una foto sfocata e non nitida, a causa della situazione precaria e della scarsa luce, ma in grado di riassume perfettamente il dramma della migrazione che in questi anni l’Europa sta vivendo.

Alcune foto sono anche diventate spunto di discussione, come la foto vincitrice del 1976 che ha colto il terribile momento della caduta della giovane Diana Bryant e della sua nipotina di due anni da una scala antincendio.

Purtroppo Diana morì sul colpo dopo l’impatto con il terreno. Lo scatto di Stanley Forman pose un dilemma etico, era giusto o meno mostrare la foto di qualcuno nel momento appena precedente la sua morte?
La prima foto a colori a vincere il premio è stata quella di Co Rentmeester del 1967. Il fotografo olandese ha vinto grazie a un ritratto di un soldato americano all’interno di un carro armato durante la guerra del Vietnam.

Bianco e nero e colori si sono poi alternati nella storia del World Press Photo.
Storica la foto del 1990 di Charlie Cole dello studente pronto ad affrontare i carri armati nella rivolta di piazza Tienanmen, così diversa dal vincitore dell’anno successivo, Georges Mérrillon, che sembra aver quasi riprodotto un quadro dai toni rinascimentali, pur ritraendo un aspetto straziante della guerra del Kosovo.

Il giudizio dei giudici dei premi non si discosta molto negli anni, il criterio predominante sembra essere quello dell’impatto emotivo e del racconto sociale, chiavi, in fondo, del fotogiornalismo. Dalla guerra del Vietnam, alle rivoluzioni, agli scontri civili e di guerra, alla carestia e alle catastrofi naturali, alla tragedia dei migranti, alle discriminazioni, fino ad arrivare alla paura del terrorismo.

Tanti e vari i temi trattati in questi sessant’anni di fotogiornalismo, ma tutti in grado di ripercorrere momenti salienti della nostra storia, diventando il più delle volte immagini iconiche e simboliche.