Di Cecilia Terenzoni e Martina Fabiani
Al numero 32 di Joan Muyskenweg, nel mezzo della zona industriale di Amsterdam, a ridosso dell’imponente quartiere finanziario dell’Amstel sorge l’edificio Vluchtmaat, una realtà socio-abitativa unica nel suo genere.
Da un lato il palazzo ospita il movimento “We are here”: un gruppo di circa quaranta profughi senza documenti di soggiorno, provenienti soprattutto da Etiopia ed Eritrea che ha occupato questo edificio nel 2014, successivamente regolarizzato, per ottenere uno spazio abitativo. Dall’altro lato hanno preso vita diverse attività lavorative indipendenti, tra le quali spicca l’associazione “Here to support” che ha deciso di sposare la causa dei rifugiati.
Quest’ultima organizza progetti educativi, come corsi di danza, teatro e giornalismo fornendo ai profughi strumenti di riflessione sulla loro condizione. «È importante valorizzare il gruppo e far sentire la loro voce», afferma Savannah, lavoratrice a tempo pieno di “Here to support”.
L’associazione è in costante dialogo con le altre attività e, tutte insieme, attraverso una vera e propria politica di mutuo soccorso, fanno di Vluchtmaat uno spazio di vita e di lotta, di consapevolezza e attivismo.
Uno degli uffici dell’ala est è occupato da Thijs Tennekes, graphic designer che, stanco di lavorare a casa, era in cerca di uno studio e con Vluchtmaat ha trovato il luogo ideale. “Mi piaceva l’idea che ci fosse un aiuto vicendevole: poter avere uno spazio per me e allo stesso tempo aiutare persone che non hanno un posto dove stare”, dice. Pur essendo uno degli ultimi arrivati, si è occupato della creazione del logo di Vluchtmaat e interagisce con i rifugiati, aiutandoli all’occorrenza. “Una volta ho accompagnato uno dei ragazzi dal medico perché nessuno riusciva a farlo”.
Queste iniziative private contribuiscono, con il pagamento dell’affitto, a garantire anche la quota dei richiedenti asilo, sopperendo alle mancanze legislative, che non riconoscono loro il diritto all’identità. Il governo locale infatti non ha mai prestato attenzione alla causa, e solo due anni fa ha deciso di concedere a queste persone dei dormitori sovraffollati e senza possibilità di privacy e solo dalle 22 alle 7 del mattino. “Vluchtmaat è il primo spazio dove sappiamo di poter rimanere più a lungo”, racconta uno dei rifugiati, un trentunenne proveniente dall’Eritrea.
“We are here” sta lavorando anche alla creazione di un sito Web che possa allargare, a livello europeo, la rete di comunicazione tra gli altri collettivi di profughi per far sì che realtà del genere non rimangano ai margini.