di Paola Pirovano
Il 22 marzo 2017, i due Van Gogh rubati 14 anni fa e ritrovati nelle mani della Camorra, tornano trionfalmente a Amsterdam. Un successo per la Guardia di Finanzia italiana, e sicuramente uno dei momenti più felici per il Van Gogh Museum, che finalmente riaccoglie le sue opere a lungo scomparse.
Ma come sono arrivati i due quadri a Castellammare di Stabia? Chi li ha venduti al clan Imperiale? Cos’è successo esattamente quel giorno di dicembre 2002? Delle domande che finalmente trovano una risposta in un testimone d’eccezione: Octave Durham, uno dei due uomini implicati nel furto al Van Gogh Museum, ha raccontato come sono andati i fatti in un documentario firmato Vincent Verweij e trasmesso dall’emittente olandese KRO-NCRV.
Ladro recidivo, Durham dichiara di non aver rubato le opere su commissione né per il loro valore, ma unicamente perché ne ha avuto la possibilità. Con l’aiuto di un complice è riuscito ad introdursi nel museo attraverso un’apertura praticata in una finestra, e se ha preso proprio quei due quadri, è perché erano i più accessibili e facili da trasportare per le loro dimensioni ridotte.
Meno di 4 minuti dopo era già all’esterno del museo e ha assistito, nascosto, all’arrivo della polizia. Un episodio traumatizzante per il museo e i suoi collaboratori, e uno shock per il mondo intero, privato brutalmente di una parte del suo patrimonio, come sottolinea Nienke Bakker, curatrice al Van Gogh Museum.
Per Durham è l’inizio di una serie di vicende rocambolesche: una volta liberatosi delle cornici, che gettò in un canale, si mise in contatto con il mondo sotterraneo del traffico di opere d’arte.
Finalmente raggiunse un accordo con Cor van Hout, implicato nel sequestro del magnate della birra Alfred H. Heineken nel 1983. Ma il caso vuole che van Hout fosse poi assassinato proprio il giorno stabilito per lo scambio.
A marzo 2003, Durham e il suo complice trovarono un altro acquirente: Raffaele Imperiale, soprannominato “Lelluccio” negli ambienti della Camorra, che all’epoca usava un coffeeshop come paravento per il traffico di ecstasy e cocaina. Imperiale comprò i due quadri per 350 000 euro, per poi spedirli a Castellammare di Stabia, dove rimasero nascosti nella casa dei genitori, fino al ritrovamento del settembre scorso.
Nonostante l’avvocato di “Lelluccio” sostenga che li abbia comprati perché appassionato d’arte e perché rappresentavano un buon affare è più probabile che i quadri fossero usati come garanzia nel traffico di droga, una pratica comune per il crimine organizzato.
Durham si è goduto i soldi – vacanze, regali, gioielli – ma per poco: nel dicembre 2003, venne arrestato in Spagna: fuggendo dal museo, aveva perso il cappello, dove sono state rinvenute delle tracce di DNA. Con il complice Henk Bieslijn, è stato condannato a 25 mesi di prigione e una multa di 350 000 euro.
Ma fino a poco tempo fa, non era stato possibile ottenere nessuna informazione sulla sorte dei quadri: è Raffaele Imperiale in persona ad ammettere di esserne il proprietario, con una lettera inviata al pubblico ministero Vincenza Marra. Probabilmente un tentativo di ottenere clemenza da parte del mafioso latitante a Dubai, su cui pende una condanna a 20 anni di carcere.
Il resto è storia: i quadri sono ritrovati nella casa di Castellammare di Stabia avvolti in un panno da cucina e miracolosamente in buone condizioni.
Dopo la conferma da parte del museo di Amsterdam sull’autenticità delle opere, queste sono state esposte al Museo di Capodimonte di Napoli come forma di ringraziamento per le autorità italiane e dal 22 marzo sono infine di ritorno a casa.