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Van Gogh e la sua pipa: il fumo aiutava la sua arte?

di Klizia Capone

Strana storia quella del tabacco nelle raffigurazioni artistiche. Offerto per scongiurare la presenza di divinità malvagie nei rituali religiosi dei Maya, come attestano le loro ceramiche dipinte, nel Secolo d’oro olandese venne correlato alla devianza sociale. Sebbene fosse diffusa la convinzione sulle sue proprietà curative e preventive per una vasta gamma di malattie, l’uso del tabacco era considerato inappropriato per i cittadini rispettabili ed era diventato uno strumento nelle mani degli artisti dell’epoca per designare persone appartenenti ai ranghi bassi della società. Alla fine dell’Ottocento il fumo assumerà nuovi significati simbolici, evocando lo stile di vita moderno.

Tra i pittori di questo periodo, Van Gogh era un fumatore incallito. Le sue pipe sono conservate nel Museo della Pipa di Amsterdam, che qualche anno fa ha dedicato loro una mostra.

Che l’artista si abbandonasse al fumo come fonte di consolazione contro le difficoltà della vita o meno, sappiamo che le pipe sono presenti in alcune delle sue opere, a cominciare dal dipinto Natura morta con Vaso, Onestà, Pipa e Tabacco, realizzato in occasione della morte del padre nel 1885, del quale oggi rimane un acquerello.

Pochi mesi dopo diede forma, per gioco, a Testa di scheletro con sigaretta accesa, un’immagine degna della migliore pubblicità progresso contro i danni provocati dal fumo.

Il tabacco rappresentò spesso un problema per le già precarie finanze di Van Gogh: per saldare il debito contratto con un tabaccaio di Eindhoven, nel 1884 l’artista lo pagò con il dipinto Mulino ad acqua a Gennep. Lo stesso che verrà acquistato nel 1996 dalla baronessa Carmen Thyssen-Bornemisza all’asta da Sotheby’s per 552.000 sterline. 

Altre sono le opere in cui torna la sua “vecchia, fidata amica”, come lui stesso la definì in una lettera al fratello Theo: eccola nell’Autoritratto con orecchio bendato e pipa (1889), di poco successivo all’ormai nota mutilazione dell’orecchio. O ancora ne La sedia di Van Gogh (1888-1889), dipinto conservato alla National Gallery di Londra, dove la pipa giace, insieme a un pacchetto di tabacco, sul sedile di paglia.

C’è chi lamenta la scarsa attenzione ricevuta dalla sua pipa e dal suo debole per il fumo. Perbacco! Tutti gli altri aspetti della vita di Van Gogh sono stati esplorati con approfonditi studi, mentre questo no! Siamo, forse, complici di una imperdonabile lacuna? È quanto sostiene Martin Bailey nel suo articolo per The Art Newspaper. Difficilmente il vizio del fumo può avere avuto una profonda e decisiva influenza sulla pittura di Van Gogh. Tuttavia, il punto di vista di Bailey può aiutarci a ricomporre, con un piccolo tassello finora inesplorato, il complesso mosaico della vita del genio olandese.

CoverPic: public domain

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