L’Olanda mostra il suo lato pratico e diretto anche nell’evoluzione cinematografica; nel 1896, non appena l’invenzione dei Lumière arriva nel paese, si mette subito a disposizione dei reali. I primi film, infatti, sono semplicemente immagini che documentano la vita della famiglia reale e in particolare della regina Guglielmina. Da qui l’inizio di un grande amore tra i Paesi Bassi e il documentario, amore su cui si fondano le basi della storia del cinema olandese.
Uno dei primi film a riscontrare un largo consenso di critica e pubblico è De brug (1928 di Joris Ivens), film realizzato con intenti teorici, ma che sorprende tutti con un grande successo.
La produzione cinematografica prima dell’invasione nazista si dedica alla riproduzione del reale, creando un’ottima cultura del documentario, interesse che tende a frenare la produzione di opere di finzione, che all’epoca si limitano a commedie farsesche.
Durante la seconda guerra mondiale la produzione cinematografica nei Paesi Bassi subisce una brusca frenata e la rinascita, una volta finito il conflitto, non è facile, poiché la concorrenza hollywoodiana è estremamente forte.
Intuendo quanto fosse importante per un paese investire su uno strumento come quello cinematografico, lo Stato stanzia dei fondi a sostegno della produzione di film e nel 1958 nasce la Nederlandse Film Academie, ancora oggi importante istituto di formazione per cineasti.

I primi prodotti di questo investimento sono interessanti per i festival, ma non troppo avvincenti per il grande pubblico. Per citare alcuni titoli: (1958), Dorp aan de rivier di Fons Rademakers (1958), De minder gelukkige terugkeer van Jozef Katys naar het land van Rembrandt di Pim Verstappen (1966).
Nel 1977 Soldaat van Oranje di Paul Verhoeven riscontra un grande successo, raccontando la storia di un gruppo di giovani durante le vicissitudini della guerra.
Dopo gli anni ’80 il cinema olandese è sempre più apprezzato in patria e all’estero. De smaak van water (1982 di Orlow Seunke) vince il Leone d’oro per l’opera prima alla Mostra del cinema di Venezia e De aanslag (1986 di Rademakers) si aggiudica un Oscar come migliore film straniero.
Gli anni ’90 sono un buon periodo, come in molti altri paesi europei, e produzioni autoctone e hollywoodiane si fronteggiano negli incassi quasi alla pari. Nel 1996 arriva un altro Oscar per il film Antonia (1995 di Marleen Gorris) e un altro ancora nel 1998 con Karakter (1997 di Mike van Diem).
Negli anni 2000 il cinema olandese è caratterizzato da una produzione annuale limitata, ma in grado di concorrere nei festival più prestigiosi, sono sicuramente da citare nomi come Paula van der Oest, autrice di Zus en Zo (2003) e Ven Sombogaart, autore di De tweeling (2002), entrambi candidati agli Oscar.
L’Olanda è un paese molto attento alla cinematografia nazionale e lo Stato ha sempre destinato fondi importanti alle produzioni olandesi, con restrizioni negli ultimi tempi a causa della crisi.
Il mondo del cinema in questo paese è sempre molto attivo, anche sperimentale per certi versi. I festival sono numerosi e c’è anche un buon interesse per i cortometraggi.
Nel suo piccolo l’Olanda è in grado di competere con le altri produzioni europee e d’oltre oceano, l’ultimo esempio, nel 2015, è stata la candidatura all’Oscar per il corto d’animazione A single life realizzato non da gigantesche case di produzione, ma dal piccolo studio d’animazione Job, Joris e Marieke. Sempre nel 2015, Lucia de B. di Paula van der Oest è entrato nella “short-list” stilata a gennaio dei nove candidati per l’Oscar al miglior film straniero.
Con due film premiati e acclamati dalla critica, Paloma Aguilera Valdebenito è oggi tra le più importanti cineaste che lavorano nei Paesi Bassi. Il suo secondo lungometraggio, Out of Love, racconta il rapporto volubile ma appassionato di una giovane coppia, approfondendo nel contempo la natura dell’attrazione, della devozione e dell’amore.