di Vittoria Malgioglio
Il 15 Agosto potrebbe sembrare una qualunque giornata uggiosa, ma a L’Aia è la giornata dedicata alla memoria dei caduti nella seconda guerra mondiale in Indonesia. Non molti sanno che subito dopo la resa dei giapponesi nell’agosto del 1945 si aprì una delle pagine più oscure della storia olandese. Il 17 Agosto l’Indonesia dichiarava la propria indipendenza e iniziava così il duro conflitto contro l’Olanda, che non voleva perdere il controllo della colonia che fruttava così tanto.
Il municipio dell’Aia è un complesso imponente quanto leggero. I suoi vetri e metalli bianchi scintillano sotto il cielo di un agosto più freddo del solito. È qui che dal 12 Agosto all’8 Settembre si può visitare la mostra Naar Holland – Repatriëring, migratie of vlucht? (Verso l’Olanda: rimpatrio, migrazione o fuga?)

Foto e testimonianze su pannelli blu guidano verso il punto focale: il mare, una nave bianca e un’enorme stampa in bianco e nero delle persone che salutano i propri cari dalla banchina. Tra il 1950 e il 1951 più di 80.000 persone hanno lasciato l’Indonesia alla volta dei Paesi Bassi.
Nella foto, inquadrata dall’alto, chi parte e chi resta a terra stringe le due estremità di uno stesso nastro: quando la nave si allontanerà i fili si strapperanno e i capi rimarranno in mano a coloro che si stanno lasciando.
È qui che incontro la dottoressa Margaret Leidelmeijer. Una signora minuta, di origine indo-europea. Ha gli occhi rotondi, il sorriso gentile e l’inglese più olandese che abbia mai sentito. Sua è la cura della mostra, insieme all’associazione Tong Tong. La cultura indo-europea è molto particolare: “non olandese, nè indonesiana. È un mix che vogliamo tenere in vita.”
“Ci sono state tante esposizioni simili a questa” mi racconta, “ma tutte si concentrano sugli olandesi, sugli indonesiani, sui molucchesi. Si sono dimenticati degli indo-europei, uno dei gruppi più numerosi arrivati in Olanda!”
Gli indo-europei
Gli indo-europei sono i discendenti di popolazioni indigene indonesiane e colonizzatori olandesi, che possiedono passaporto europeo. Dopo l’indipendenza indonesiana diverse sono state le fasi migratorie:
I primi ad arrivare furono i “bianchi olandesi”: coloro che avevano già connessioni e famiglia in Olanda. Poi sono arrivati gli indo-europei. Non avevano mai visto i Paesi Bassi, eppure, per via della colonizzazione, l’Olanda faceva tanto parte della loro cultura quanto l’Indonesia.
La commemorazione
La commemorazione del 15 Agosto è spesso stata al centro di accesi dibattiti, perché ignorerebbe le vittime del conflitto coloniale. Nonostante ciò, non partecipano soltanto coloro che hanno perso i propri cari nella seconda guerra mondiale ma “anche quelli che vogliono ricordare le storie sentite dai genitori e tutto ciò che molte famiglie hanno perso in guerra.”
Sorseggiando un tè caldo, Leidelmeijer racconta come “molte persone sono nate e cresciute nelle Indie Orientali Olandesi. La loro patria è reale, non è un mito costruito sulla memoria.
Il conflitto

Tra il ’45 e il ’56 la tensione in Indonesia è rimasta costantemente alle stelle. Il paese aveva conosciuto gli orrori della guerra e dei campi di concentramento giapponesi. Adesso i campi di concentramento erano degli indonesiani e si faceva la fame. Maltrattamenti e discriminazioni nei confronti degli indo-europei erano all’ordine del giorno.
Durante la seconda guerra mondiale i giapponesi avevano chiesto agli indo-europei di dimenticare la propria appartenenza olandese.
Adesso, gli olandesi gli chiedevano di abbandonare la propria parte indonesiana, mentre gli indonesiani gli chiedevano di rinunciare alla propria identità olandese“.
Gli indo-europei si trovarono quindi intrappolati, a metà tra due culture e due fazioni nemiche, sotto fuoco da entrambi i lati. “Gli indo-europei erano stati educati e indottrinati nel sistema scolastico coloniale“. Quando nel 1950 gli è stato chiesto di decidere tra le due nazionalità, molti si sono trovati davanti ad una scelta difficilissima.
“Gli veniva chiesto di abbandonare una o l’altra parte della propria identità.” Ma la cultura indo-europea non è solamente un mix tra quella olandese e quella indonesiana: “è una cultura a sé, propria e completa.” Fu così che si richiese agli indo-europei di rinunciare a sè stessi: “Non era permesso essere sè stessi“.
Gli indo-europei volevano rimanere in Indonesia, ma sapevano che i loro figli non avrebbero avuto alcun futuro là: sarebbero rimasti discriminati e poveri: “hanno scelto l’Olanda per poter dare un futuro ai propri bambini.”
E così si imbarcavano per un viaggio che durava settimane. “Una volta in Olanda, ricevevano un freddo benvenuto“.
L’assimilazione

I Paesi Bassi avevano appena assistito alla fine della seconda guerra mondiale e si trovavano nel mezzo di una grave crisi abitativa. Molti cittadini si chiedevano “perché a loro viene dato immediatamente un un tetto e del cibo, mentre io aspetto una casa da anni ed ho fame?“. Una domanda che ancora oggi si chiedono in troppi. Ma mentre ad alcuni questi nuovi arrivati non piacevano, altri li vedevano già come olandesi.
Agli indo-europei appena arrivati venivano forniti dei prestiti per trovare una stanza dove dormire con tutta la famiglia e pochi soldi extra per comprare da mangiare. “Nel frattempo, il governo esplorava tutti i modi possibili per evitare di fare partire la gente dall’Indonesia” nonostante fosse chiaramente molto pericoloso restare: ancora una volta un’ imbarazzante strategia ancora in voga.
“Coloro che arrivavano in Olanda dovevano essere assimilati,” una politica che va di moda ancora oggi. “Gli venivano dati libri di cucina olandese e manuali per la cura della casa.” Tutto, anche gli spazi privati ed intimi di una casa dovevano essere gestiti secondo le usanze olandesi. “Se in Indonesia le case erano sempre aperte agli amici e alla convivialità, chi veniva in Olanda doveva imparare a prendere appuntamento in anticipo, prendere il tè alle 3 e la cena alle 6″.

“Una delle differenze più grandi è che in Olanda esistono delle regole ben precise da seguire, mentre nella cultura indo-europea ci sono frontiere e zone grigie. Devi avere te la sensibilità di capire fino a dove puoi spingerti senza essere maleducato.”
Oltre a libri e manuali, il governo inviava anche degli ispettori a controllare che le famiglie stessero seguendo le direttive. Abbastanza spesso “la gente fingeva di essere olandese in pubblico ma era sè stessa in privato”.
“Devi lasciarti indietro tutto ciò che facevi a casa e adattarti lo stile di vita olandese”. Dovevi mangiare come gli olandesi e seguire le regole come gli olandesi.
La libertà e il futuro

“La cultura indo-europea, per me” mi racconta candidamente “è il modo in cui mi hanno cresciuta i miei genitori: in una famiglia grande, piena di musica e libertà.” La dottoressa ha deciso di crescere i suoi figli nella stessa maniera, ma si sente allo stesso tempo appartenente alla cultura olandese. “Sono cresciuta qua, i miei amici sono di qua.” Non a caso ha un accento e un intercalare tipici dell’Aia. “Non voglio vivere in una comunità chiusa, voglio vivere liberamente, senza che mi venga imposto chi essere.”
Una delle testimonianze riportate nella mostra è la storia di un ragazzino quasi scioccato dalla pressione che i suoi genitori indo-europei gli imponevano perché andasse bene a scuola. “La gente lasciava l’Indonesia perché scappare era l’unico modo per dare un futuro ai propri figli”.
Anche la struttura della mostra rimanda a questa realtà, come mi spiega la dottoressa, accompagnandomi tra i pannelli blu. “Tutta la struttura punta verso la barca ed il mare. Perché non c’era scelta, dovevano andarsene.”