La famiglia di Anne Frank aveva richiesto diverse volte un visto per emigrare negli USA o a Cuba ma la burocrazia e ripetuti dinieghi avevano poi fatto sfumare questa possibilità e costretto la famiglia della giovane Anne a nascondersi ad Amsterdam.
Secondo una nuova ricerca pubblicata venerdì dall’associazione Casa di Anne Frank e dal Museo commemorativo dell’Olocausto degli Stati Uniti, furono un misto di burocrazia e cattiva sorte a segnare il destino della famiglia Frank: il consolato di Rotterdam, infatti, era l’unico nei Paesi Bassi a poter emettere visti per l’emigrazione ma quando nel ’40, la città venne bombardata e distrutta dalle truppe tedesche anche l’archivio dove era depositata la lista delle richieste era andato distrutto.
Cosi Otto Frank fu costretto a presentare nuovamente la domanda, depositata per la prima volta nel 1938. Ma i consolati americani in Germania e nei territori occupati dai tedeschi vennero chiusi, spiega ancora l’associazione Anne Frank, e i collegamenti via Oceano con Cuba furono interrotti. Alla famiglia non restò che nascondersi.
In una lettera inviata ad un amico negli USA, Otto Frank comunicava la certezza che la domanda fosse stata rigettata. Plausibile, considerando che gli USA chiusero letteralmente le frontiere ai profughi europei e tra il 1939 e il 1942, emettendo solo 30mila visti tra il 1939 e il 1942 nonostante le centinaia di migliaia di richieste.
Gli storici si soffermarono già dal 2007 sulla vicenda del tentativo di emigrazione dei Frank ma da quanto dimostra questo studio, pubblicato proprio nel 76esimo anniversario dell’ingresso della famiglia di Anne nella tristemente celebre casa, la domanda non fu respinta. In realtà non venne mai elaborata.