Tre ex alti ufficiali dell’esercito, coinvolti nel sanguinoso sequestro del treno a De Punt nel 1977, hanno deciso di rompere il silenzio e di dire la loro su quella drammatica vicenda. Il 23 maggio di 40 anni fa, un commando di indipendentisti molucchesi prese in ostaggio 50 passeggeri su un convoglio in viaggio tra Drenthe e Groningen, nel nord-est del paese. 40 furono immediatamente rilasciati, mentre gli altri 10 rimasero prigionieri del commando terroristico per 19 giorni. L’11 giugno, un nucleo speciale dell’esercito olandese fece un blitz e pose fine, con la forza, al sequestro: 2 ostaggi e 6 molucchesi rimasero uccisi. Contro il convoglio furono sparati ben 15mila proiettili.
Si protrae, ormai, da anni la polemica su quei fatti: secondo alcune recenti ricostruzioni, il primo ministro di allora, il cristianodemocratico Dries Van Agt, avrebbe dato ordine di uccidere tutti i sequestratori; le famiglie di due di questi, hanno denunciato lo stato olandese e chiesto un risarcimento, perchè in base alle ricostruzioni, Max Papilaja e Hansina Uktolseja, sarebbero stati freddati nonostante fossero feriti e disarmati.
Ma i tre militari in servizio quel giorno che hanno deciso di parlare al Telegraaf, la pensano diversamente: definendo “disgustose” le polemiche degli ultimi anni, sostengono di aver rispettato il protocollo. Al quotidiano di Amsterdam, avrebbero detto che le regole di ingaggio parlano chiaro: uso appropriato della forza e a arresti, qualora possibile: “Avevamo considerato la possibilità che potessero esserci vittime”
Secondo gli ex comandanti, quindi, non ci sarebbe stato un attacco pianificato e studiato con l’intento di uccidere tutti i sequestratori. Il fatto che 3 di loro si siano salvati, hanno detto ancora i militari in congedo, sarebbe prova delle reali intenzioni.
La prossima settimana il tribunale dell’Aia deciderà sulla denuncia dei familiari dei sequestratori.