CoverPic@ PanSTARRS/NASA/
Il traffico nell’universo non è cosa nuova: sette miliardi di anni fa, in un’epoca in cui l’universo aveva circa la metà della sua età attuale, le collisioni tra ammassi di galassie erano all’ordine del “giorno”.
Da poco è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy uno studio condotto da Gabriella Di Gennaro dell’Università di Leida in collaborazione con ricercatrici e ricercatori internazionali e italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dell’Università di Bologna.
Gli ammassi di galassie sono le strutture più grandi dell’universo tenute insieme dalla forza di gravità. Possono essere costituiti da migliaia di galassie, ognuna con miliardi di stelle. Quando questi ammassi vengono a scontrarsi e quindi fondersi, gli elettroni presenti nel gas che li permea vengono accelerati fino a raggiungere quasi la velocità della luce. Le particelle accelerate emettono onde radio quando interagiscono con i campi magnetici degli ammassi dando la possibilità di osservare questi fenomeni con i radiotelescopi.
In passato era molto complesso osservare tali fenomeni. Ora grazie a LOFAR (LOw Frequency ARray), la più estesa rete per osservazioni radioastronomiche in bassa frequenza al mondo, che ha puntato per otto ore ciascun oggetto selezionato, i ricercatori hanno potuto raccogliere per la prima volta informazioni dettagliate su remoti ammassi di galassie: l’osservazione delle sorgenti a grandi distanze e in un tempo remoto è fondamentale per comprendere i meccanismi fisici che le hanno generate.
LOFAR è un telescopio digitale senza parti in movimento realizzato per esplorare l’Universo alle basse frequenze radio (10 – 240 MHz). Costituito da oltre 25 mila antenne raggruppate in 51 stazioni, ha il nucleo in Olanda e stazioni disseminate in diverse nazioni europee. L’Italia è entrata nel progetto LOFAR nel 2018 e, nei prossimi anni, sarà installata dall’INAF una nuova stazione osservativa, presso Medicina, in provincia di Bologna.