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Scandalo sussidi, commissione durissima: ingiustizia senza precedenti, violato lo Stato di diritto

Come atteso, la Commissione parlamentare istituita per indagare sullo scandalo dei sussidi, tolti ingiustamente a migliaia di famiglie tra il 2012 e il 2018, ha pubblicato delle conclusioni durissime: ingiustizia senza precedenti nella questione dei sussidi, violazione dei principi dello Stato di diritto da parte della politica e dell’amministrazione.

Pur con la prudenza generale di un atto di questo tipo, le parole non sono di compromesso: la bocciatura nei confronti dell’amministrazione e della politica, che ha usato arbitrio e scarso equilibrio, è senza appello. Il dito è puntato contro l’intera struttura dell’amministrazione e dell’incapacità dei funzionari che hanno permesso si compiessero degli abusi legali senza precedenti.

La Commissione esorta le parti a trovare modi per evitare il ripetersi in futuro di fatti simili e soprattutto di risarcire in fretta quelle famiglie distrutte, dopo richieste di rimborso dei sussidi per migliaia di euro.

Secondo il comitato, l’ingiustizia era senza precedenti, anche perché c’è voluto molto tempo prima che la portata e la gravità fossero riconosciute dai vertici politici e dall’amministrazione, spiega NOS. Inoltre, le informazioni fornite dalle autorità fiscali erano limitate e il modo in cui i genitori sono stati trattati è stato sproporzionato rispetto alle accuse.

Il comitato definisce un principio fondamentale dello Stato di diritto che gli interessi delle persone siano presi in considerazione il più possibile quando si elaborano e si applicano le leggi. Ma nell’attuazione dei sussidi, è stata posta così tanta enfasi sull’attuazione efficiente e sul desiderio di prevenire le frodi, che poca o nessuna considerazione è stata data alle singole situazioni. Anche se hanno commesso un errore amministrativo senza malizia, osserva il comitato.

Il dito della Commissione è puntato contro, Eric Wiebes, già sottosegretario di Stato alle finanze nel secondo gabinetto di Rutte e ora ministro dell’economia. È accusato di essere stato “personalmente consapevole dell’approccio, della protezione legale inadeguata alle famiglie e delle conseguenze sproporzionate per i genitori” dall’agosto 2017. Ma di non aver mosso un dito.

Secondo il rapporto, la legge è troppo dura e non considera le situazioni individuali: la commissione sostiene che il ministero delle Finanze ha implementato l’applicazione della legge come un processo di massa, con un approccio “tutto o niente”, in cui i genitori erano spesso falsamente etichettati come truffatori.

Parole dure anche contro i giudici: troppo dura l’attuazione delle regole amministrative senza considerare i principi della legge, ossia proteggere i singoli cittadini.

Carente anche l’informazione da parte del governo: poche e contraddittorie le informazioni ottenute dai parlamentari che le hanno richieste e scarsa la comunicazione tra i rami dell’amministrazione e i ministeri competenti. 

 

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