Rifugiati, l’industria del mattone si sfrega le mani e chiede norme più flessibili

di Paolo Rosi

Geert Wilders e i suoi sostenitori dovranno farsene una ragione: il sistema d’accoglienza è un business che fa girare l’economia. La conferma viene dall’Istituto Economico per l’Edilizia (Economisch Instituut voor de Bouw), il quale sostiene che l’aumento di rifugiati nei Paesi Bassi sarà trainante per l’economia del mattone.

Nei prossimi cinque anni, con un picco tra 2016 e 2017, secondo l’EIB, il flusso di richiedenti asilo sarà un “forte impulso per il settore dell’edilizia”, muovendo un giro d’affari miliardario e creando migliaia di nuovi posti di lavoro.

Le cifre, infatti, sono da capogiro: 5 miliardi di euro e 28 000 nuovi “anni lavorativi” per gli operai edili dato che, entro il 2020, la cosiddetta “ondata” di rifugiati potrebbe portare alla costruzione di 50 000 nuove case, stando ai dati che lo stesso Ufficio dell’Immigrazione olandese (IND) ha fornito al think tank.

Non tutti i richiedenti otterranno lo status, per chi verrà infatti rifiutato si muoveranno altre economie come quella delle detenzione e del rimpatrio. Rimane il fatto, tuttavia, che solamente per il prossimo anno dall’EIB prospettano un fatturato in aumento di 1,3 miliardi e 7 000 nuovi posti di lavoro a tempo pieno. Le proiezioni al 2017, poi, parlano di ulteriori 9 000 posti e un turnover da 1,7 miliardi.

C’è un problema di tempi, però. Ammesso che il flusso di rifugiati diminuisca nel giro di cinque anni, argomento sul quale non esiste ad oggi parere concorde tra governi, esperti e ONG, rimane da capire se effettivamente i costruttori olandesi saranno in grado di sostenere un domanda immediata e in rapida crescita.

Sarà complicato soddisfare per tempo un incremento così sostanziale”, mettono così le mani avanti dall’Instituut voor de Bouw; anche perché il mercato immobiliare è in forte crescita, con prezzi che salgono vertiginosamente del 10% l’anno (Amsterdam, dati CBS) assieme ai costi dei relativi servizi.

La lobby del mattone chiede allora, con un malcelato invito alla deregolamentazione, “politiche governative flessibili” in materia di normative, prezzi della terra e pianificazioni urbane, ma anche “regole più rilassate sui mutui” per agevolare un flusso di lungo periodo dalla casa sociale a quella di proprietà.

Che in tempi d’emergenza, si sa, di giocare secondo le regole proprio non se ne parla.

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