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Raffaello e Pieter van Aelst tornano protagonisti alla cappella Sistina

di Klizia Capone

Quando pensiamo alla Cappella Sistina le prime immagini che ci vengono in mente sono quelle degli affreschi realizzati da Michelangelo; le Storie della Genesi e il Giudizio Universale sono talmente noti da essere diventati, ormai, patrimonio di tutti. In pochi sanno, però, che parte della storia della decorazione di questo luogo universale dell’arte ha un legame con Bruxelles.

Infatti, all’inizio del Cinquecento Papa Leone X, erede della casata Medici e figlio di Lorenzo il Magnifico, decise di commissionare a Raffaello il completamento della decorazione della cappella con dei disegni preparatori per arazzi, poi compiuti da manifatture fiamminghe. Il papa fece spedire i cartoni dell’urbinate a Bruxelles, nella bottega di Pieter van Aelst, conosciuta come una delle migliori di tutta Europa.

I tessitori di arazzi della capitale belga nel 1447 avevano fondato una propria corporazione, indipendente dagli altri artigiani della lana, e i loro lavori venivano esportati anche in Italia. L’incarico ricevuto da Leone X conferma il prestigio di cui godevano gli arazzieri di Bruxelles a quel tempo, e consolidò il loro primato. Così nascono i dieci arazzi fiamminghi della Cappella Sistina su disegno di Raffaello.

I dieci manufatti sono oggi conservati presso la Pinacoteca Vaticana e solitamente vengono esposti a turno, protetti da pannelli di plexiglass, in una stanza a luci soffuse per evitare di rovinarne la fragile trama. Nel corso dei secoli hanno vissuto numerose peripezie: prima razziati durante il Sacco di Roma del 1527 e poi tornati in Vaticano, furono venduti nel corso dell’invasione dei francesi alla fine del Settecento insieme ai mobili di palazzo. Ricomprati dal Cardinal Consalvi nel 1808, vennero finalmente musealizzati. 

I preziosi arazzi rappresentano le storie di San Pietro e di San Paolo, e sono tessuti con fili di seta e oro.

Per la prima volta dopo cinquecento anni, gli arazzi fiamminghi della Cappella Sistina sono stati collocati tutti insieme nel loro luogo originario: le pareti laterali, a coprire i finti tendaggi dipinti ad affresco, sotto le storie di Mosè e di Cristo.

Le cronache del tempo li definiscono “splendidi (…), da tutti giudicati superiori per bellezza a qualunque altra cosa in terra”.

Indubbiamente, la qualità manifatturiera e l’impeccabile esecuzione tecnica unite alla grandezza di Raffaello fanno di quest’opera un unicum. Come unico sarà l’evento, concepito per celebrare i cinquecento anni dalla morte del pittore più rappresentativo del Rinascimento italiano, di cui potranno godere i visitatori dei Musei Vaticani dal 17 al 23 febbraio. Se siete a Roma non potete perderlo.

CoverPic Morte di Anania | public domain

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