Che cos’è veramente l’Erasmus? Una fuga temporanea all’estero con la formula “soddisfatti e borsati”? Una vacanza sfasciona-invernale che inizia con le chiusure dei locali ad Ibiza (finanziata dall’UE sotto copertura)? C’è chi viene risucchiato dal vortice di party universitari, bar universitari, ormoni universitari e dopo due semestri torna a casa arricchito di un bottino di bandierine seminate in tutta Europa, campione del rimorchio internazionale. C’è chi poi effettivamente sfrutta e lavora la rete internazionale di contatti costruita while away, ultima risorsa come la celebre lima tra le arance al detenuto: un passaporto per la libertà. Diciamo che c’è un pó tutto ció che abbiamo scritto: progetto voluto e finanziato dalla Comunità Europea a partire dal 1987, nasce in realtà con l’obiettivo di “fare l’Europa” a partire da piccole realizzazioni concrete. Mission (quasi) accomplished, possiamo dire; si perché ascoltate chi l’Erasmus l’ha vissuto in prima persona (party e ormoni universitari compresi), si tratta di una vera e propria Rivoluzione Copernicana per lo studente, un processo di decostruzione della propria identità italiana, spagnola, francese o tedesca che sia e ricostruzione di un’identità Erasmus. Yo Soy Erasmus, Je suis Erasmus, I am an Erasmus si difenirà il 90% dei partecipanti a cui vi rivolgerete nei primi mesi di ritorno nel proprio paese. Aldilà della solita retorica da Erasmus (la “generazione Erasmus” è diventata una categoria sociologica quanto gli hipster e le mamme olandesi con bakfiets) quello che può effettivamente creare questo periodo di esperienza all’estero è un forte senso di solidarietà, di vincoli di amicizia (“con benefits” o meno) e di amore, a volte coronato dal “matrimonio Erasums”, l’apoteosi dell’integrazione europea 2.0. La maggior parte degli studenti, una volta tornati, si definiscono appunto “cambiati”, “cresciuti”, “diversi”; alcuni avranno arricchito il proprio bagaglio culturale, altri avranno appreso il valore sociale dello Jagerbomb. Molti (me compresa) tornano per ripartire. Valigia sempre alla mano, una volta partiti non si fa più ritorno. Ma si sà, la prima volta non si scorda mai. Ci si affeziona per sempre a quei luoghi; al buco della nostra stanza affittata rigorosamente in nero, al supermercato più economico, patrono delle tasche bucate, al club affollato, Mecca di ogni Santo Venerdi universitario. Che cos’è dunque l’Erasmus? Fegati che si danno alla fuga, o menti che si aprono?
Sofia Raisaro
Di questi e di tanti altri temi relativi ai viaggi e ai viaggiatori postmoderni parleremo nella puntata di RadioPizza Olanda di oggi. Nell’attesa potete riascoltare il podcast della puntata “Stagiste e Maestri, intervista con Stefano Bollani”
Sofia