Un pubblico ufficiale che rifiuta di celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso è giusto venga licenziato. Cosi ha stabilito il Raad van State, confermando i pareri dei giudici di primo grado e di appello che avevano respinto il ricorso di officiante cristiano ortodosso cacciato dall’amministrazione per essersi rifiutato di sposare a Den Haag una coppia gay . L’uomo aveva fatto appello all’obiezione di coscienza, sostenendo che il suo credo religioso gli impediva di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso; secondo i giudici, le sue convinzioni non si concilierebbero con la normativa olandese che equipara i matrimoni gay e quelli tra etero. Non sarebbe stato il comune di Den Haag quindi a discriminare il funzionario ma al contrario quest’ultimo, avrebbe posto in essere un comportamento discriminatorio. Da qui il diritto dell’amministrazione di cessare il rapporto di lavoro. L’officiante aveva lamentato che il divieto di “obiezione di coscienza” sulla materia era stato introdotto dal comune nel 2007 e quindi non si sarebbe applicato all’uomo. La corte, nel dargli torto, ha citato una sentenza della Corte europea per i diritti umani che aveva ritenuto legittimo il licenziamento in casi come questo, sostenendo che non contravverrebbe le norme della Carta europea dei diritti fondamentali, in particolare gli articoli sul diritto di culto e sul divieto di discriminazione.
Nel 2013, il parlamento ha approvato una norma che lascia una certa libertà ai comuni di decidere come bilanciare l’obiezione di coscienza e l’obbligo di non discriminare le coppie omosessuali.