Tre strisce orizzontali, arancione, bianco, blu, con al centro altre tre bandiere in miniatura. Pochi l’hanno riconosciuta, ma cucita alla giacca del giovane che in South Carolina ha ucciso 9 persone c’era la bandiera del Sudafrica razzista: la cosiddetta prinsenvlag, bandiera del principe, che a lungo ha sventolato anche per Amsterdam e le sue colonie.
Almeno fino al 1937 quando, divenuta ormai appannaggio della destra, la regina decise di cambiarne definitivamente le tonalità: il rosso, invocato da socialisti e sindacati, avrebbe sostituito l’oranje. Ma nel giro di tre anni i filonazisti olandesi, arrivati al potere, cambiarono nuovamente i colori, riavvicinandola al tricolore oranje che il Sudafrica razzista aveva adottato come bandiera nazionale fin dal 1928, aggiungendovi sullo sfondo bianco tre bandiere in miniatura. Finita la guerra, mentre l’Olanda monarchica propendeva, una volta per tutte, per il rosso, all’estremità del continente africano il tricolore della prinsenvlag continuava a intrecciare la sua storia con quella del regime dell’apartheid.
Solo nel 1994 insieme all’apartheid è stato archiviato anche il tricolore oranje. Storia finita, quindi? No, la prinsenvlag continua a sventolare nelle piazze, ma non solo. Divenuta emblema del PVV, orfano del passato coloniale dell’Olanda, fino a poco fa era appesa addirittura alle finestre dell’ufficio parlamentare del partito. Incurante del passato razzista e fascista e dei possibili tragici risvolti nel presente.