La presenza della criminalità italiana in Europa, preoccupa da sempre le istituzioni dei paesi dove le autorità hanno sentore di infiltrazioni ma non è prima della strage di Duisburg, il 15 agosto, 2007, che la distanza tra il “Padrino” cinematografico dell’immaginario collettivo e la realtà criminale si presenta agli occhi delle autorità tedesche nella sua crudezza. E’ da allora che i paesi, soprattutto quelli del nord Europa, iniziano a prendere coscienza di ciò che si muove nel sottobosco criminale italiano. E soprattutto, di come “il Padrino”, negli anni 2000, parlerebbe di ‘ndrangheta e non di Cosa nostra.
Il principale sospettato del massacro di Duisburg, ricorda il Telegraaf, è stato arrestato a Diemen, nei pressi di Amsterdam nel 2009.
Ieri, i servizi investigativi nei Paesi Bassi, in Germania e in Belgio hanno inferto un colpo durissimo al clan calabrese. L’operazione Pollino ha portato all’arresto di 84 persone, tra membri della ‘ndrangheta e fiancheggiatori.
Durante la conferenza stampa presso la sede di Eurojust, organizzazione europea per il coordinamento delle attivitò giudiziarie,”Frank”, dirigente di FIOD, la Guardia di Finanza olandese, racconta un retroscena: personaggio chiave nelle indagini sarebbe stato Giuseppe T., ‘ndranghetista residente nei Paesi Bassi fino al 2015.
Tutto sarebbe iniziato con un’informativa dall’Italia, scrive il Telegraaf: da Roma sarebbe arrivata una nota che parlava di un testimone disponibile a fornire dettagli sulle attività dell’organizzazione in Olanda.
Il pubblico ministero olandese lavora da tempo con le autorità italiane nella lotta alla criminalità organizzata. “Siamo andati a Roma nel 2016 e nel 2017 per parlare direttamente con il collaboratore di giustizia. Non era mai successo prima”, ha detto Frank al Telegraaf.
Guiseppe T. avrebbe fatto parte della ‘ndrangheta’ per più di 25 anni. Secondo Frank, la sua situazione si era fatta scomoda e voleva parlare:”Le sue dichiarazioni sono stati molto importanti per le indagini e sono state la base per diversi arresti. ” Il pentito Giuseppe sarebbe da tempo in un programma per collaboratori di giustizia.
Il testimone viene dalla zona di San Luca in Italia, culla della ‘ndrangheta. “Sembra che abbia vissuto in Olanda per dieci anni. In posti diversi, ma soprattutto ad Amstelveen “, spiega Frank al Telegraaf. Secondo il quotidiano di Amsterdam, il “primo pentito italiano d’Olanda” ha rivelato informazioni cruciali sui metodi di lavoro dell’organizzazione nei Paesi Bassi, in Belgio e in Germania.
“Ci ha raccontato come la ‘ndrangheta lavora per far passare droga attraverso i grandi porti e come creano società di comodo per riciclare denaro sporco “, soffermandosi sul ruolo delle attività legali, come pizzerie, alberghi e gelaterie che vengono acquistate e poi rivendute in fretta.
Nei Paesi Bassi, la ‘ndrangheta gestiva due pizzerie a Horst e Venray che venivano utilizzate come basi per il riciclaggio di denaro. Le società sono state nelle mani dell’organizzazione fino all’inizio del 2017.