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Non fatevi fregare: è la destra a volere il rigore, non l’Olanda

di Massimiliano Sfregola 

La posizione del governo olandese della scorsa settimana, che al Consiglio europeo in video conferenza si è presentata armata di pallottoliere, ripetendo solo “la nostra posizione non cambia”, per riproporre lo stereotipo del nord operoso contro il sud sprecone non è solo un’ipocrisia ma sul piano dell’immagine internazionale, un vero autogol. Se il tandem Rutte-Hoekstra voleva far incazzare tutto il sud Europa, c’è riuscito senza fatica.

Ma a monte, la questione è più problematica: nel perfetto stile dell’attuale premier, nulla esce dalla sua bocca per caso. Rutte è andato al Consiglio europeo per fare campagna elettorale dentro casa, non per prendere una posizione su questioni europee. Non ci credete? In Olanda si voterà tra un anno esatto e i partiti stanno già componendo le liste. Il suo partito, il VVD, è in testa nei sondaggi ma tallonato dai sovranisti del Forum voor Democratie e dal PVV di Wilders. Se si votasse oggi, insomma, l’Olanda sarebbe così di destra che in confronto, l’Ungheria di Orbàn sembrerebbe un paese moderato.

Con le politiche del 2021 la sola e unica scadenza elettorale a vista e un futuro politico incerto per Mark Rutte (vorrà fare il premier per la quarta volta?) lo scacchiere europeo diventa un palco elettorale perfetto. Questo per dire che il premier guarda solo casa sua, non l’Europa, e sa che l’elettorato -soprattutto più anziano e in provincia- convinto che l’Olanda sia una sorta di bancomat per il resto del continente è purtroppo maggioritario. E lui, a loro parla. Ma l’errore più grave è quello di pensare che l’Olanda finisca lì; se la metà degli elettori la pensa così, l’altra metà – ok, lo so, che scoperta- la pensa in maniera radicalmente opposta.

E non lo dico per dare un colpo al cerchio e uno alla botte ma perchè l’Olanda solidale è viva, vegeta e vocale ma sfortunatamente è anche molto frammentata. E soprattutto, sempre parlando di politica, deve stare in equilibrio per sostenere posizioni molto difficili da spiegare agli elettori. Come abbiamo tutti visto in Italia: se gridi “porti chiusi”, ti ascoltano tutti. Ma se provi a spiegare “i porti non sono chiusi e non lo erano neanche ai tempi di Salvini ministro”, il ragliare scomposto finisce per cancellare ogni tipo di ragionamento che non sia uno slogan.

Ecco, guardate cosa ha twittato il leader del Pvda, il partito laburista olandese (già, lo stesso partito di Jeroen Dijsselbloem, probabilmente il politico più odiato nel sud Europa)

“L’Olanda non deve bloccare soluzioni ma lavorare insieme ai nostri alleati in Europa. É tempo di solidarietà!” Uno slogan semplice, chiaro ma che, obiettivamente, se non ben spiegato, fatica a passare in casa: se l’olandese è convinto della fake news che i suoi soldi mantengono il sud, non è semplice convincerlo che non è vero. E non è semplice convincerlo che se proprio non vuole essere solidale, in primis è suo interesse non sacrificare un’area e dei mercati importanti come quelli del sud Europa. E’ difficile da spiegare e i partiti di sinistra olandesi stanno cercando, faticosamente, di rimanere in equilibrio pur esprimendo posizioni nette: si agli eurobonds, si alla solidarietà internazionale, si ad una soluzione europea dove chi è in difficoltà venga aiutato

 

Bart Snel, deputato del Groenlinks, la sinistra rosso-verde, ha incalzato il ministro la scorsa settimana sulla questione delle misure di sostegno al sud e degli eurobonds: laburisti e rosso-verdi sulla questione sono olandesi che sostengono il sud.

E incredibilmente, anche se con toni più soft, anche il D66 – i liberal-progressisti – che governano con il partito di Rutte, europeisti – almeno a parole – si sono espressi per una soluzione condivisa che implichi gli interventi necessari per il sud. Il leader del D66, Rob Jetten, scrive: “I Paesi Bassi sono diventati ricchi grazie all’UE. Ora, in Europa posti di lavoro e redditi sono a rischio a causa della crisi #corona, non dovremmo far affondare i nostri amici. Solo insieme possiamo uscirne:

 

Chiaro ora, che il problema non è l’Olanda ma un gruppetto di politici di destra che la governano? No, da hippies gli olandesi non sono tutti diventati colletti bianchi. E sì, anche se a molti sembra incredibile, c’è una fetta molto consistente dell’opinione pubblica, della politica e del mondo intellettuale olandese alla quale è preso un colpo, quando ha sentito di essere stata associata a Rutte e Hoekstra.

“L’idea che i paesi del nord dovrebbero spiegare come si fa ai vicini del sud è assurda. Il contrario, avrebbe certamente più senso. L’approccio olandese e tedesco alla crisi del credito europea si è rivelato un fiasco. Perché mai dovrebbe funzionare ora?”, si chiede Merijn Oudenampsen, intellettuale della nuova sinistra olandese molto noto e seguito nei Paesi Bassi.

Se in Olanda le posizioni possono sembrare un po’ attendiste, in Europa al contrario, laburisti e verdi (gli unici tra i partiti di sinistra rappresentati) hanno già rotto gli indugi: sono per gli eurobonds e per le misure di sostegno al sud in maniera diretta e a voce alta, all’interno dei gruppi di riferimento.

D’altronde per chi ancora non fosse convinto che questa è una crisi politica e non una guerra di civiltà, una crisi tra chi è di sinistra e chiede solidarietà e redistribuzione e chi è di destra e vuole prendersi tutto il piatto, giocando al vecchio “divide et impera”, basta dare uno sguardo alla posizione assunta dal gruppo parlamentare europeo più nordico in assoluto: i Greens.

Su 67 eurodeputati, al netto di 13 francesi, dal sud arrivano solo due spagnoli e un portoghese. Nessun italiano e nessun greco. Eppure, con appena 1/5 di parlamentari del sud e lo stradominio tedesco, che ne esprime 25, il gruppo è probabilmente il più euro-solidale con i paesi meridionali. Ascoltate il discorso di Ska Keller, la leader dei verdi tedeschi: una dichiarazione d’amore al sud e un impegno concreto a sostenere uno sforzo comune.

 

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