CULTURE

CULTURE

New York: sulle tracce della vecchia Nieuw Amsterdam

Aggiornamento 9/12/2019

di Licia Caglioni

Photo: Maria Eiklind Source: Flickr License CC: 2.0

Una parte, quasi ormai dimenticata, della presenza olandese nel mondo è quella che si può trovare in Nord America. In particolare, le tracce più affascinanti che si possano trovare sono quelle lasciate in una della città più importanti al mondo: New York.

Nel 1625, la Compagnia delle Indie Occidentali sbarcava sulla costa orientale del continente americano, fondando un villaggio fortificato, ribattezzato Nieuw AmsterdamLa cittadella, nata nella parte sud dell’isola di Manhattan, venne creata per permettere alle compagnie che gestivano il commercio di pellicce, nella valle del fiume Hudson, di difenderne l’accesso fluviale

Il primo insediamento del 1625 era Fort Amsterdam sulla punta meridionale di Manhattan. Quattro decenni dopo New Amsterdam vantava una popolazione di 1500 abitanti. Nel 1664 i cittadini diventarono 2500.

Nieuw Amsterdam divenne così il più grande insediamento coloniale della provincia della New Netherland, territorio oggi compreso nella cosiddetta Tristate area, che include l’area metropolitana formata dalla città di New York, la parte meridionale del Connecticut e la parte orientale del New Jersey.

Più a nord, Boston era  stata fondata sulla penisola di Shawmut nel 1630 da un gruppo di coloni puritani provenienti dall’Inghilterra

Johannes Megapolensis, un pastore olandese, descrive in una lettera del marzo 1655 come “papisti, mennoniti e luterani” erano liberi di camminare uno vicino all’altro per le strade di New Amsterdam. La città era modellata sulla tolleranza (e sul desiderio di far soldi) della madrepatria mentre Boston era stata fondata come una sorta di utopia religiosa dai puritani inglesi.

L’egemonia olandese sulla città non durò però a lungo. Nel 1664, senza nemmeno combattere, la città cadde nelle mani degli inglesi che la rinominarono New York dal nome del Duca di York, fratello del re d’Inghilterra Carlo II.  Gli olandesi la riconquistarono nell’agosto del 1673, ma già l’anno successivo la provincia del New Netherland venne ceduta permanentemente agli inglesi.

Pur sotto il controllo inglese, gli olandesi formarono una elite a New York a partire dal nel 1700 e l’olandese rimase la lingua più parlata dalla maggior parte della popolazione fino alla metà del secolo.

Così, oggi, nonostante la sua breve vita, una parte dell’antica Nieuw Amsterdam continua a vivere nella moderna New York

Non solo le antiche mappe della città mostrano che Wall street, Broadway e Long island, esistevano già e sono dirette traduzioni dei nomi olandesi Wolstraat, Breede Weg e Lange Eiland; anche Brooklyn, Harlem e Staten Island hanno chiaramente la stessa origine.

Wikipedia
Source: Wikipedia

Nella città di New York, una delle zone in cui l’eredità olandese è tutt’ora molto visibile è il quartiere di Red Hook, nel sud di Brooklyn. L’antica De Roode Hoek era una zona portuale adibita al carico e allo scarico di merci. L’area, che si affaccia sul mare, conserva il suo fascino industriale e ospita alcuni degli immobili più antichi della città, anche questi dal tocco decisamente olandese. Le sue arterie principali, la viva Van Brunt street e la sorella minore Van Dyke street, sono ancora specchio dell’antica Nieuw Amsterdam.

All’incrocio tra Flushing e Onderdonk Avenue, sorge ancora oggi una tipica fattoria olandese, costruita nel 1709 dopo l’arrivo degli inglesi anche se le fondamenta risalgono al 1660. A differenza delle altre costruzioni in legno del tempo, Onderdonk House si è salvata perché in pietra. Ma basterebbe passeggiare per Lower Manhattan per sentirsi un po’ un New Amsterdamer: Pearl St. prende il nome da Paerlstraat per le ostriche che vivevano nel porto. Beaver Street ricorda l’importanza delle pelli animali nella colonia. Da non sottovalutare lo stile architettonico “coloniale olandese” che, insieme ai grattacieli e al ranch, costituisce una delle tre forme architettoniche autoctone negli States.

Van brunt street Red Hook

A parte l’urbanistica, altre tracce del passaggio olandese nel continente americano sono molteplici anche in ambito culturale. Per quanto riguarda la lingua, nell’inglese americano resta qualche traccia dell’olandese, come nelle parole “cookie” (in Inghilterra biscuit, biscotto) o “dollar” (daalder in olandese). Roosevelt and Vanderbilt, per citarne due, sono discendenti di coloni olandesi e divennero nomi celebri negli USA. 

Infine, oggigiorno, quasi 5 milioni di Americani rivendicano le loro origini olandesi. Per questo motivo, festival che celebrano le tradizioni olandesi sono sparsi per gli Stati Uniti. Particolarmente folcloristici sono l’immancabile festa del re a Portland e la festa dei tulipani a Orange city. Come ogni “minoranza” negli Stati Uniti, sono immancabili le associazioni di discendenti di olandesi che si organizzano ritrovi ed eventi che ricordano l’antico lignaggio.

SHARE

Altri articoli