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Playing for Change band – INTERVIEW

Author: David Alayón  Source: Flickr  License: Public

di Chiara Gallo

Una vera e propria band multietnica che ha dato forma al sogno di unire tutti i musicisti che hanno contribuito a questo viaggio. Il risultato è una caratteristica fusione di talenti.

Il 1 maggio sul palco del Marthin Luther Kingpark di Amsterdam, abbiamo assistito alla miracolosa armonica di Grandpa Elliott, il leggendario musicista cieco di New Orleans, accompagnata dalle voci straordinarie di Clarence Bekker (Olanda) e Tula (Israele), sulle note della chitarra di Roberto Luti (Italia) e della tastiera di Keiko Komaki (Giappone).

Johnson e la sua “famiglia”come preferisce definirla lui – hanno viaggiato negli angoli più remoti del Pianeta, per scovare musicisti che potessero contribuire al suo progetto: cambiare il mondo attraverso la musica. E’ sbocciata così l’ispirazione per la costituzione della Playing for Change Foundation, che si propone di raccogliere fondi a favore dei musicisti delle comunità più sfortunate.

Assistere ad un concerto della band PFC è un’esperienza emotiva particolare. La fusione che avviene tra pubblico e musicisti, crea un’alchimia difficile da spiegare. Tutti sono toccati dal potere unificante che la musica crea. Roberto spiega che prima di poter cambiare la vita di qualcuno, è stata PFC a cambiare la sua: “Per poter trasmettere il cambiamento che cerchiamo di proporre, devi sentire per primo il cambiamento”.

Dimenticarsi delle differenze che distinguono ognuno di noi porta a sentirci “qualcosa in più, qualcosa di più grande”: era questo il sogno di Clarence, “poter suonare con persone con cui mai avrei pensato di poter collaborare, o cantare canzoni in lingue che non avevo mai sentito prima”.

Playing for Change non si limita soltanto a produrre video da migliaia di views su Youtube, ma  connette una comunità globale, veicolando attraverso la musica valori come la condivisione, la tolleranza, il rispetto e la libertà.

 

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