di Alessandro Pirovano
All’inizio era l’arcipelago indonesiano, nell’epoca dei grandi imperi transoceanici: una dopo l’altra le sue isole furono assoggettate e divennero parte dell’allora potentissimo e intraprendente Impero Olandese e dalla Compagnia delle Indie Orientali. A fare gola ai conquistatori erano, soprattutto, quelle spezie che crescevano solo in Estremo Oriente ma che avevano ormai sedotto anche il mercato europeo.
E proprio nelle Molucche meridionali (le Maluku sono un migliaio di isole sparse tra il Mar di Banda e il Mare delle Molucche, ai margini dell’arcipelago indonesiano, con capoluogo Ambon) ne cresceva una particolare: la noce moscata. Spezia per cucinare e per profumare gli ambienti, a quel tempo le era anche associato uno speciale potere taumaturgico: contro febbri e malori di stomaco ma, soprattutto, utile per tenere lontano lo spettro della peste.
Erano in tanti a desiderare i benefici della noce, ma soprattutto del suo commercio: gli olandesi ne erano consapevoli e furono pronti a tutto, dopo aver strappato ai Portoghesi il controllo delle isole nel 1621, per mantenerne il monopolio esclusivo. A pagarne le conseguenze, però, fu la popolazione indigena, passata per le armi o ridotta in schiavitù: nel giro di pochi anni, le isole furono assoggettatate dagli olandesi e la popolazione complessiva si ridusse da 15 000 a poco più di 600 individui. Tolto così il rischio di traffici sotto banco, il monopolio sulla noce moscata fu mantenuto dal Regno per un altro secolo mentre il controllo di Amsterdam sull’ arcipelago indonesiano si estese fino a metà Novecento.
Solo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, infatti, sembrò offrire l’occasione giusta agli indonesiani per metterlo in discussione: usciti di scena gli invasori giapponesi (1943-1945), era il momento di farla finita anche con i vecchi dominatori, gli olandesi e i loro alleati, i Molucchi.
A maggioranza cristiana, infatti, questa popolazione era da tempo vicina ai dominatori europei e vedeva con paura uno stato unitario indonesiano a prevalenza musulmana. Molti contrattarono quindi con gli stessi olandesi il prezzo della loro collaborazione nell’esercito coloniale, il KNIL: ovvero la costruzione di uno stato indipendente nelle Molucche meridionali, la Republik Maluku Selatan (RMS). L’Olanda, a corto di uomini, accettò e promise di sostenerli, pur di salvare lo scricchiolante impero. L’orologio della storia, però, andava da un’altra parte: nel 1949, dopo quattro anni di guerra di decolonizzazione segnati da scontri, massacri e durissime operazioni di “polizia coloniale”, venne firmata una pace tra Indonesia e Olanda che nulla diceva sulla questione molucchese.
Dopo averli ingaggiati nei reparti del tristemente famoso capitano Westerling, il governo olandese si “lavava le mani” dei molucchesi anche se fedeli alla corona. Dopo aver assistito impotente alla fondazione della Republik, nell’aprile 1950, e alla sua capitolazione per mano Sukarno nell’agosto dello stesso anno, il governo olandese fornì una parziale forma di “risarcimento”: nel 1951 aprì le porte dei Paesi Bassi a più di 12000 ex combattenti del KNIL, che sbarcarono in Olanda assieme alle rispettive famiglie.
Ma, come si dice, al danno, cioè l’abbandono della propria terra e la mancata sopravvivenza della Repubblica, si aggiunse la beffa: agli “ex-commilitoni” asiatici furono infatti destinati i campi di transito di Westerbork e di Vught, sistemazioni temporanee (che per quasi un ventennio rimasero tali) totalmente segregate rispetto al resto del Paese, dove emarginazione e precarietà delle condizioni materiali erano all’ordine del giorno.
Delusione politica e frustrazione si aggravarono quando la “questione molucchese” scomparve dai riflettori della diplomazia internazionale, ovvero appena dopo il 1951, mentre veniva eletto in Olanda un governo in esilio della Repubblica delle Molucche Meridionali: più una consolazione per reduci che attore politico di una qualche rilevanza.
Il clima di insoddisfazione e la segregazione sociale in terra olandese, poi, influì in maniera decisiva sui giovani della seconda generazione: venne così sdoganata la violenza come mezzo per riportare la “questione molucchese” al centro del dibattito nazionale. In questo contesto si registrarono infatti le azioni terroristiche passate alla storia come”molukse acties”.