di Francesca Spanò
© Martina Bertola
Significative sono le collaborazioni con collezionisti e musei di fama internazionale, da cui provengono le opere: dal Guggenheim Museum di New York, ad esempio, arriva Paysage (1927), mentre la Scottish National Gallery of Modern Art presta al museo olandese il famoso Figures and bird (1934-36) e il Museo Reina Sofia di Madrid contribuisce ad arricchire l’esposizione con cinque opere del periodo 1945-1950.
La mostra conta un totale di 120 opere, che si intengrano, questo lo scopo principale, ad 80 lavori prodotti da varia artisti del movimento. Gli accostamenti rendono efficace il confronto: non è difficile scorgere tratti di Mirò nelle sculture o nelle tele di Karel Appel e Constant, per citare due degli artisti più produttivi dell’avanguardia.
La mostra guida il visitatore in un percorso fatto di dipinti, tele, ceramiche, sculture, poesie, libri, tessuti. Ogni forma di espressione diventa una forma d’arte e di liberazione, mentre il disegno è visto come un vero e proprio bisogno vitale. Le sculture in bronzo ottenute dagli objets-trouvés si affiancano ai dipinti astratti di Eugène Brands, Anton Rooskens e Asger Jorn, mentre le ceramiche e le creazioni in argilla rispecchiano nei lavori di Constant, Karel Appel, Corneille e Anton Rooskens.
Ad arricchire la mostra, poi, una ricostruzione fedele dello spaccato quotidiano dell’artista. Quaranta oggetti originali, provenienti dall’atelier di Mirò a Maiorca, ne riproducono fedelmente i contorni, tra dipinti, cartoline, poster e strumenti da lavoro.

Una sala “Cinema”, infine, ritrae in un video di 56 minuti, l’artista all’opera: tra pennellate con le dita e racconti in prima persona, Mirò immette il visitatore dentro un mondo magico fatto di linee, colori e commistioni.