Credit Pic : Rijksvoorlichtingsdienst Source : Wikimedia Commons Licence : Creative Commons Attribution 2.0 Generic
iGeert Wilders il leader e parlamentare del partito populista PVV, Partito per la Libertà, è stato rinviato a giudizio per la vicenda delle parole pronunciate e dei cori intonati a Den Haag, a marzo, la sera del voto per le amministrative olandesi Ai suoi sostenitori, Wilders aveva chiesto “volete più o meno marocchini nella vostra Olanda?”; “Meno meno” aveva urlato la folla. “Ci prepariamo”. Aveva concluso il leader populista, che proprio sulla paura dell’immigrato e sulla minaccia dell’islamizzazione dell’Olanda ha costruito i successi politici del suo PVV. E non è la prima volta che le sue invettive contro gli stranieri ricevono attenzione dalla magistratura; tra 2010 e 2011 il processo contro di lui, per affermazioni razziste e per incitamento all’odio, aveva monopolizzato il dibattito pubblico nazionale, conquistando anche una rilevanza internazionale. In quell’occasione, però, venne assolto.” Islam religione fascista”, “Maometto come il diavolo” e la proposta di bandire il Corano sono affermazioni “accettabili”, secondo il giudice chiamato a esprimersi sul caso; “seppur grezze e denigratorie”, quelle di Wilders sarebbero, per il tribunale, uscite da inserire nel contesto del dibattito pubblico nazionale. Questa volta, però, le chances che Wilders la faccia franca sono inferiori; solo pochi giorni fa, infatti, la Corte Suprema dei Paesi Bassi aveva stabilito limiti più stringenti per la libertà di espressione dei politici, allargando la casistica delle affermazioni censurabili anche a quelle che incitano l’intolleranza verso un gruppo etnico. E pare proprio questo il caso in questione: a essere presa di mira, nelle dichiarazioni di marzo di Wilders, non erano semplicemente simboli religiosi ma un’intera comunità.