L’OPINIONE Le reazioni della politica olandese alla crisi greca, tra muri di gomma e opportunismo

Nei momenti di scoramento è facile chiamare in causa la religione. E il premier olandese Rutte ha parlato di un miracolo, “een wondertje”, che la Grecia dovrebbe fare entro domenica per evitare il peggio. Un prodigio che per lo zoccolo duro dell’austerità europea si traduce nella genuflessione del paese ellenico al cospetto dei creditori.

Per questo motivo i negoziatori olandesi si sono dimostrati inflessibili: lo stesso Rutte e il ministro delle finanze Jeroen Dijsselboem continuano a chiedere misure “serie” e “credibili” da parte della Grecia, ma dopo il referendum hanno di fatto incrociato le braccia. Ne vale della ripresa economica a lungo termine, raccontano, citando la vecchia favola dell’austerità neoliberista.

Seguono a ruota democristiani (CDA) e socialisti (SP), preoccupati dalle conseguenze per la patria del “No” greco. Mentre Wilders ha colto la palla al balzo e rilanciato: secondo il PVV sarebbero infatti i cittadini olandesi a dover votare sugli aiuti alla Grecia (tweet del 27 giugno) o su una eventuale “Nexit” (cinguettio del 6 luglio).

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Chi invece si oppone al cosiddetto “Grexit”, come i D66, tira un colpo alla botte e uno al cerchio. Intervistato da Nos, il leader Alexander Pechtold ha così confermato la necessità di riforme strutturali per il paese ellenico. Della serie “rimanete per pagare”.

Del resto sono i soldi il nocciolo della questione: le banche olandesi sono tra le più esposte nei confronti della Grecia, più di un miliardo di euro secondo Bank for International Settlements, mentre lo stato è creditore per quasi 20 miliardi verso lo stato ellenico (stime Barclays). I Paesi Bassi vogliono indietro i soldi, insomma. E non c’è retorica della “ripresa economica” che tenga, date le ultime rivelazioni nei documenti riservati di BCE, FMI ed UE.

Questa forma di pragmatismo, o egoismo, si riflette infine nel dibattito politico nazionale. Non solo il referendum greco non è stato capito dalla politica olandese, forse disabituata ad improvvisi esercizi di democrazia, ma le reazioni dei maggiori partiti (eccetto i Verdi) hanno formato, complessivamente, un grosso muro di gomma. 

Chi si è spinto un poco oltre, come l’SP chiedendo la testa di Dijsselboem o Wilders giocando al bravo euroscettico, lo ha fatto per motivi di consenso elettorale tutti interni alla politica nazionale. Atteggiamento molto simile all’opportunismo di bassa lega.

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