di Paolo Rosi
Ieri, dopo tre settimane di stop forzato hanno riaperto le banche greche; l’accettazione delle misure di austerità da parte di Alexis Tsipras, assieme a un rimpasto di governo che ha allontanato da Syriza la sua parte più radicale, l‘intransigenza Nord-Europea sembra aver avuto la meglio; ne è conferma certamente la rielezione di Jeroen Dijsselbloem a presidente dell’Eurogruppo.
Ma sono tanti gli scontenti per come sono andate le cose. E tanti hanno criticato la linea dura imposta dai negoziatori olandesi. Tra questi Dimitris Pavlopoulos, greco e professore al Dipartimento di Sociologia della VU, secondo il quale la politica e i grandi media avrebbero dipinto, almeno nei Paesi Bassi, la crisi greca in maniera distorta e parziale.
“Quando si dice che i politici corrotti greci hanno fatto carte false per entrare nell’eurozona a scapito dei paesi nordici, non si spiega mai chi ha davvero guadagnato dall’entrata di un’economia debole nell’euro”, dice Pavlopoulos a 31mag, “Loro sapevano che la Grecia non aveva i conti in regola, ma hanno deciso comunque di lasciar entrare il paese. Ed eccoci qui, quasi 14 anni dopo e con un mercato comune nel quale il surplus di uno è il deficit di un altro.”
In Olanda l’idea del “non un euro alla Grecia” è piuttosto popolare. “I soldi che la Grecia ha ricevuto sono andati in larga parte alle banche, circa il 92% di 140 miliardi di euro. E anche la maggior parte dei nuovi aiuti farà la stessa fine. In questo modo ci troviamo con i ¾ del debito greco nelle mani del settore pubblico. E gli stati, compresi i Paesi Bassi, hanno soldi in prestito dalle banche a interessi bassissimi da prestare poi alla Grecia ad interessi più alti.”
Dijsselbloem dice che il costo annuo del debito è piuttosto basso per la Grecia. “È vero che nel corso degli anni gli interessi sono stati tagliati. Ma la percentuale del PIL greco impiegata per ripagare il debito, in proporzione, rimane molto più alta rispetto a quella di altri paesi come l’Olanda.”
Un altro punto molto discusso è stato quello delle riforme: per i negoziatori olandesi sono l’unica speranza, mentre altri le considerano inutili o sbagliate; “Liberalizzare il mercato e chiedere la fine dei contratti nazionali, cosa hanno a che vedere con il debito sovrano? La questione qui è tutta ideologica.”
E in merito all’evasione fiscale? “La Troika, che ha di fatto governato il paese negli ultimi cinque anni, quali risultati avrebbe ottenuto? Nessuno ha perseguito i nomi della famosa lista Lagarde. E nessuno ha fermato le compagnie che evadono le tasse in Grecia usando il sistema fiscale olandese. Senza contare le tasse sui grandi capitali che il Fondo Monetario ha bloccato.”
L’ultimo strappo è stato il referendum. E buona parte della politica olandese lo ha definito un tradimento da parte di Tsipras. Anche se il risultato, in fin dei conti, non sembra aver influito più di tanto sulle trattative. “Il referendum è stato un esercizio di democrazia, una democrazia che manca nell’Europa odierna. Basti pensare alla chiusura delle banche voluta da Draghi durante il referendum. Come quello che è successo dopo: un colpo di stato con mezzi finanziari invece che con i carri armati.”