Quando i Paesi Bassi inizieranno la strada della ripresa dopo l’emergenza degli ultimi mesi, potrebbe esserci spazio per nuovi centri per sviluppare le conoscenze, un consolidamento delle start-up e imprenditori più resilienti. In cerca di risposte per comprendere le opportunità e le insidie che si presentano, Innovation Origins ha intervistato Remco van der Veer, ex responsabile globale di ING Innovation Labs e con Eduard Burer, co-fondatore di FARE Impact Capital.
I Paesi Bassi hanno una lunga storia di vittorie nel campo dell’innovazione e sia Van der Veer che Burer lo confermano sostenendo che la chiave del successo risieda in una mentalità imprenditoriale, intraprendente e commerciale. Secondo i due esperti è facile avviare un’attività nei Paesi Bassi perché gran parte dell’economia è costituita da PMI. Inoltre, la disponibilità a collaborare con gli altri e la diffusa conoscenza dell’inglese sono altri punti di forza da non sottovalutare.
In molti si chiedono quali siano i rischi che si corrono in un momento storico come quello che si sta vivendo. Secondo i due intervistati, gli imprenditori olandesi dovrebbero pensare in termini più globali. Vorrebbero vedere più imprenditori olandesi attivi sulla scena mondiale per attirare investitori internazionali; se i “capitani d’industria” dei Paesi Bassi non riusciranno a raccogliere abbastanza capitali, saranno finanziati da aziende internazionali e questo potrebbe portare ad un allontanamento dai Paesi Bassi della proprietà intellettuale, delle persone e delle procedure decisioniali. Anche se è molto importante attrarre investimenti internazionali, questo potrebbe anche rappresentare un rischio per il Paese e per l’economia.
I Paesi Bassi investono attualmente il 2,18% del prodotto interno lordo in ricerca e sviluppo, mentre la Germania investe già il 3% e intende espandere tale percentuale al 3,5%. Ci si chiede se l’impatto della pandemia ostacolerà o piuttosto accelererà gli investimenti nell’innovazione. Secondo Burer gli investimenti verranno accelerati sia nel settore privato che in quello pubblico. Van der Veer sottolinea invece l’importanza del cambiamento perché la pandemia ha cambiato il mondo quindi le aziende dovranno adattarsi e si chiede come sarà l’ecosistema tra un anno quando terminerà il sostegno fiscale governativo.
Entrambi credono che vi sarà la necessità per gli imprenditori di promuovere una mentalità globale in modo da potersi allineare meglio con gli interessi degli investitori globali. I fondi europei e il sostegno governativo sono molto utili, ma bisogna attirare gli investitori sulla base del valore e del potenziale futuro che vedono, indipendentemente dalle sovvenzioni e dal sostegno governativo. Inoltre, è importante concentrarsi su alcuni settori e regioni chiave in modo da distinguersi.
I due sono contenti del lavoro che ha svolto il governo per sostenere l’ecosistema dell’innovazione durante la pandemia perché è stato chiaro fin dall’inizio e i finanziamenti sono stati rapidi ed utili.
Van der Veer conclude dicendo che ora sono tempi difficili per le banche. Gli organismi di regolamentazione stanno diventando sempre più severi, Fintechs sta risalendo la catena del valore e le aziende tecnologiche si stanno muovendo, scegliendo con cura i servizi che vogliono trattare, in base a dove la regolamentazione è meno severa. Ci sono due modi diversi di procedere per le banche commerciali. Crede che le banche devono sviluppare la propria capacità nel core banking, oppure si ramificheranno, diversificheranno e troveranno nuovi flussi di reddito per sopravvivere. Burer aggiunge che ora come è ora è dura fare previsioni e che solo il tempo ci dirà come si evolveranno le banche e le altre società. Ma il mantra “innovare o morire” è vero oggi come non lo è mai stato.