La Corte Penale Internazionale ha stabilito che l’ex vicepresidente congolese Jean-Pierre Bemba non ha diritto al risarcimento dei danni dopo il suo appello vinto, contro una condanna per crimini di guerra. Gli avvocati di Bemba vogliono che sia risarcito per i quasi 75 milioni di dollari persi a causa della sua prigionia, comprese le spese legali. Aggiungono, anche, una cattiva gestione dei beni a lui sequestrati.
Il 18 maggio la seconda Camera Preliminare della Corte Penale Internazionale (ICC) ha emesso la sua decisione sulla “richiesta di risarcimento per i danni inflitti al sig. Jean-Pierre Bemba”. Bemba è stato arrestato nel maggio 2008 a seguito di un mandato di arresto dell’ICC. Fu assolto dalla Camera di ricorso dell’ICC l’8 giugno 2018.
La Camera ha osservato che la richiesta del sig. Bemba si articolava in due elementi: uno relativo al risarcimento ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, dello statuto di Roma, e una ai danni relativi alla presunta cattiva gestione del registro ICC dei beni confiscati per ordine dei giudici.
Prima istanza
Per quanto riguarda la prima istanza del processo, la Camera ha ritenuto Bemba incapace di dimostrare di aver subito un grave torto giudiziario ai sensi dell’articolo 85 dello statuto della Corte penale internazionale di Roma. La camera ha, di conseguenza, rifiutato di esercitare il suo potere discrezionale per concedere un risarcimento.
Seconda istanza
Nella seconda istanza, la Camera ha riscontrato che la questione non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 dello Statuto di Roma di sua competenza. Sulla base di ciò, l’istanza è stata respinta.
La Camera ha inoltre osservato che la responsabilità della corretta esecuzione spetta principalmente agli Stati membri. In questo caso, il ruolo del Registro si limita a facilitare la comunicazione con la Corte.
La sua decisione quindi non pregiudica il diritto di Bemba di perseguire altri rimedi e vie procedurali per presunti danni ai suoi beni a seguito di misure adottate in relazione all’esecuzione delle ordinanze della Corte.
Quello che questa vicenda mette in luce l’assenza di limiti statutari sulla durata dei processi e della detenzione può causare conseguenze estremamente gravi. Pur sottolineando la responsabilità della Corte di garantire la rapidità dei procedimenti, la Camera ha ritenuto urgente che gli Stati Parte avviino un riesame dello Statuto in modo da considerare di affrontare tali limitazioni.