L’arte è qualcosa che sarà sempre importante per la società. Non tanto per il suo valore in denaro, ma quanto per la capacità di ispirare le persone, aprirgli la mente e toccarle, qualche volta, nel profondo. Per questo è essenziale valorizzarla ma anche conservarla. Le opere d’arte, per quanto siano preziose sotto tanti punti di vista, sono comunque degli oggetti materiali. Col tempo, infatti, aumenta il loro deterioramento, soprattutto dei pigmenti dei dipinti. Questo è quello che, purtroppo, sta succedendo a diverse opere realizzate tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
In quel periodo, i colori utilizzati per le tele erano soprattutto naturali. I pigmenti derivavano da minerali macinati del terreno o da piante e insetti. Con la rivoluzione industriale iniziarono a esserne prodotti di sintetici, come il cadmio o il giallo cromo. Questi colori non erano stati testati per essere longevi, tuttavia, data la loro luminosità, gli artisti ne fecero ampio uso, specialmente quelli delle correnti del fauvismo, post-impressionismo e modernismo. Molti artisti, infatti, stavano abbandonando le tecniche tradizionali pittoriche, lavorando en plein air, di conseguenza cambiarono materiali, prediligendo quelli che potessero rendere la luminosità naturale. In questo momento, però, sta avvenendo un deterioramento dei pigmenti di questi dipinti.
Il professor Koen Janssens, del dipartimento di chimica dell’Università di Anversa, che ha studiatoquelli delle opere di Matisse e Van Gogh, sta cercando di ‘invertire il tempo’. Senza applicare nuovi pigmenti, attraverso le ricostruzioni digitali si potrà vedere l’antico colore stratificato sotto la tela. Secondo il consulente indipendete Ronald Varney c’è sempre stata una certa resistenza nel mondo dell’arte verso la scienza. Oggi, tuttavia, lo studio del degrado di un’opera è qualcosa di fondamentale per gli acquirenti. Il Van Gogh Museum di Amsterdam e il Metropolitan Museum di New York, negli ultimi anni, hanno allestito mostre sui colori che scompaiono.
Nonostante i progressi scientifici, qualcuno si era reso conto fino dall’inizio dell’instabilità di questi pigmenti: Vincent Van Gogh stesso. In una lettera al fratello Theo del 1888 Van Gogh sottolineava come i colori utilizzati dagli impressionisti fossero instabili, paragonando i loro dipinti a fiori che svaniscono. L’artista ci aveva visto lungo.