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L’arte è la vera vittima economica (e sociale) di questa pandemia

@31mag

L’arte è la vera sconfitta, tra le attività economico-sociali, in questa pandemia. KLM riceve miliardi di euro in più rispetto all’arte e alla cultura, perché la grande importanza economica del volo è misurabile mentre quella dell’elevazione culturale no. O sì? “Quando i teatri chiudono, il mondo si impoverisce”, scrive Marten Minkema su  VPRO Gids.

“Prendiamo l’esempio di Lucebert “tutto ciò che ha valore è indifeso”: le raccolte di poesie vendono poco, eppure metà dei Paesi Bassi conosce queste parole. Il valore culturale è enorme, il valore commerciale nullo. Questo è il centro del discorso nel podcast Docs prodotto da NPO: soldi a palate per la compagnia aerea, qualche soldo anche a musei, locali e teatri e nonostante ciò, tutti hanno dovuto chiudere prima di Ikea e Action.

La cultura fa bene alla salute, non è solo uno svago

Si allo shopping, no alla cultura: “Se chiudi le sale da concerto per salvare l’economia, è un male per la vitalità umana. La musica si è evoluta per connettersi, è essenziale per contrastare la malinconia, l’ansia e la depressione. Quindi quanti burnout possiamo aspettarci nel prossimo futuro? “, dice nel podcast il giornalista Mark Mieras, esperto di processi cognitivi.

La cultura fa bene alla salute, non è solo uno svago: meno esaurimenti nervosi, meno ricorso al medico. Sul piano neurologico, la cultura è un toccasana per il cervello: “Non si lascia travolgere dalla marea di notizie, pubblicità e social media, la grande frammentazione che aumenta la preoccupazione”.  Nel momento in cui i teatri chiudono, il mondo si impoverisce. Dobbiamo quindi sviluppare una nuova misura del valore della cultura oltre all’economia, solo così si potrà raggiungere un giusto compromesso tra negozi aperti e cultura, dice ancora Mieras.

Misurare economicamente l’arte si può?

Un esempio citato è la teoria di Roefie Hueting, rinomato economista ambientale e pianista jazz che alla fine anni ’70 teorizzò la necessità e i vantaggi dell’investimento economico. Marten Minkema dice, tuttavia, che applicare il modello alla cultura non è semplice: “ripulire una marea nera vicino a Texel può essere determinato economicamente, mentre il danno maggiore di un anno senza teatro è in apparenza nei biglietti invenduti mentre in realtà è racchiuso in migliaia di teste”

L’arte non è facilmente misurabile perché l’impatto cognitivo su ognuno è molto personale ma in generale, l’arte rende felici e umani dice lo studioso Barend van Heusden: “Ma i politici non lo capiscono e non si impara a scuola “.

Il governo, scrive ancora Minkema, era partito con tutte le migliori intenzioni: la ministra Ingrid van Engelshoven elogiava il valore della cultura e CBS, l’Istituto di statistica, calcolava che il pil generato dal settore superava lo sport ed era di poco superato dal turismo. Ma in realtà, questi numeri includono qualunque cosa: pubblicità, tv, marketing. A guardare da vicino, teatro e performance occupano solo un ambito piuttosto marginale.

Chiedendo a Arjo Klamer, professore di economia dell’arte e della cultura all’Università Erasmus, la risposta che ottiene è piuttosto semplice: difficile misurare davvero l’impatto della cultura, quindi meglio lasciarla esprimersi. Fa lavorare molte persone e contribuisce al contesto in cui è immersa, questa è la risposta più immediata.

La cultura ha valore?

D’altronde, ragiona Klamer, in qualunque organizzazione umana, privata o pubblica, c’è sempre un manifesto di intenti teorico e dei “valutatori” che osservano se gli obiettivi del manifesto vengono o meno raggiunti. E il giornalista, non contento, chiede allora a Marcel Canoy, economista sanitario che pensa questo:  “la maledizione del capitale, è che non puoi stipare il valore reale della cultura nel prodotto nazionale lordo. Mentre esiste inconfondibilmente, perché gli artisti colorano fuori dalle righe e questo è essenziale per l’innovazione”.

Canoy scomoda Friedman e immagina un’imposta negativa per gli artisti: guadagni sotto un tot? Un sussidio integra la differenza negativa rispetto al minimo nazionale.

Secondo gli esperti sentiti da Minkema nel suo articolo, c’è una rinnovata attenzione su ambiente, salute e immateriale: “Non possiamo più permetterci di vedere tutto separatamente. Fanno parte dello stesso sistema, in cui tutto è connesso con tutto e riguarda l’equilibrio tra loro”.

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