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L’agricoltura intensiva aumenta il rischio di diffusione del Covid-19

Secondo un recente studio condotto da un team dell’University College di Londra (UCL), l’invasione da parte dell’uomo degli habitat degli animali e l’agricoltura intensiva aumenterebbero il rischio per l’uomo di contrarre malattie portate da animali selvatici. Come riportato dal quotidiano belga La Dernière Heure, lo studio è stato pubblicato mercoledì sulla rivista Nature.

L’agricoltura intensiva avvicina gli uomini agli animali, disturba l’habitat di questi ultimi e favorisce la diffusione delle pandemie come quella di coronavirus.

Secondo le Nazioni Unite, l’attività umana ha portato alla degradazione di circa tre quarti delle terre del pianeta dall’inizio dell’era industriale. Un terzo del suolo e tra quarti dell’acqua dolce della terra vengono utilizzati, in particolare, per l’agricoltura. Questo avviene spesso a discapito di ecosistemi come le foreste, che forniscono riparo e sostentamento per gli animali selvatici. Sono proprio questi animali che spesso ospitano molti patogeni potenzialmente trasmissibili all’uomo.

Il team dell’UCL ha esaminato 6.800 ecosistemi in tutto il pianeta: è emerso come i noti portatori di agenti patogeni, come pipistrelli, roditori e uccelli, sono molto più numerosi nelle aree intensamente modificate dall’attività umana.

Anche il Covid-19, che ha infettato oltre 18 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone 700mila, è stato probabilmente trasmesso dagli animali all’uomo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima inoltre che il 70% dei nuovi virus provengano dagli animali. Vi è un alto rischio di trasmissione da animale a uomo nei mercati in cui gli animali vengono macellati. Per l’OMS questi mercati sono una “fonte importante di cibo e mezzi di sussistenza a prezzi accessibili per milioni di persone in tutto il mondo.” L’organizzazione sta attualmente indagando l’origine del Covid-19.

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