Non ci sarà un Nexit, almeno non finchè questo parlamento è in carica. Questo il punto fermo del dibattito di lunedi 27 giugno alla Tweede Kamer dove la quasi unanimità dei leader politici, fatta eccezione per Geert Wilders, ha detto no ad un referendum per l’uscita dei Paesi Bassi dall’UE. Tema della riunione d’urgenza, convocata per discutere degli esiti del Brexit è stato piuttosto l’atteggiamento nei confronti del Regno Unito e il futuro della stessa Unione.
Secondo l’emittente BNR, i centristi CDA e D66 premono per un ripensamento dell’Unione che ponga al centro del dibattito i problemi reali e soprattutto chiedono al governo di impegnarsi affinchè l’uscita britannica sia più rapida possibile, probabilmente per tentare di scongiurare il c.d. “effetto contagio”.
Ma il premier Mark Rutte e i vertici dell’esecutivo frenano: nessuna pressione sul Regno Unito e i leader di Pvda e VVD, Diederik Samsom e Halbe Zijlstra, rispondono in coro al parlamento che il ‘divorzio’ dovrà essere il più soft possibile. Il leader del Pvda aveva detto al quotidiano AD di essere totalmente contrario ad un referendum sull’Europa poichè, aggiunge, causerebbe ulteriore incertezza su un’economia, quella olandese, ancora convalescente.
Alexander Pechtold, leader del D66, accusa il VVD, in un’intervista al quotidiano Trouw, di aver giocato irresponsabilmente con le accuse a Brussels. Il D66, notoriamente il partito più europeista della scena politica olandese, difende a spada tratta i “70 anni di pace e prosperità raggiunti grazie all’esistenza dell’Unione”, accusando la politica di non essere riuscita a spiegare a dovere i vantaggi per il paese dell’appartenenza all’UE. Per Pechtold l’ipotesi del referendum è fuori discussione.