di Chiara Canale

Prostitute, mendicanti, truffatrici e ladre. Erano tante nella Amsterdam di quattro secoli fa. Per quelle che si facevano beccare, l’amministrazione aveva un unico grande progetto di rieducazione: tutte dietro a un filatoio per 13 o 14 ore al giorno.
A fine Cinquecento, le autorità decisero di rinchiudere le donne colpevoli di reati minori nella Spinhuis, letteralmente “Casa della filatura”, fondata nel 1597 nell’ex monastero di Sant’Orsola sull’Oudezijds Achterburgwal. Qui alcune guardie, sempre donne, controllavano costantemente le circa 60 detenute costrette a filare e cucire e, se lo ritenevano necessario, le punivano flagellandole.
La Spinhuis è una copia della Rasphuis, la “Casa della Raspa”, istituita ad Amsterdam nel 1596. Questa era una prigione maschile, in cui gli uomini dovevano grattugiare il legno fino a ottenere una polvere finissima da cui i tintori ricavavano un pigmento per la colorazione dei filati.
Meglio la gogna o il lavoro forzato?
Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo erano circa 500 i casi penali all’anno in città, e la metà riguardava donne. Di queste, tre quarti provenivano da fuori Amsterdam. All’epoca, erano decine di migliaia i migranti che si trasferivano in Olanda in cerca di fortuna. Tanti erano tedeschi o scandinavi. Non tutti, però, riuscivano a trovare un lavoro per guadagnarsi da vivere e proprio per questo finivano per trasgredire la legge.

Fino a quel momento Amsterdam aveva fatto fronte ai crimini con punizioni pecuniarie o corporali come l’amputazione di arti, la gogna, la marchiatura, l’impiccagione. Ma a fine Cinquecento la città fu ispirata dalla prima casa di correzione sorta a Londra, nel palazzo di Bridewell.
Il filosofo Dirck Volckertszoon Coornhert fu un grande sostenitore della rieducazione atraverso il lavoro e influenzò profondamente le scelte dell’amministrazione di Amsterdam.
Coornhert non era contrario alle punizioni corporali o capitali perché ingiuste dal punto di vista umanitario, ma perché le vedeva come meno utili ed efficaci. Inoltre, grazie alle case di correzione, o case di lavoro, si poteva ottenere manodopera a basso costo per le attività più faticose.
“Redenzione” attraverso il lavoro
L’obiettivo era quindi di correggere la condotta dei criminali attraverso l’occupazione, scoraggiando l’ozio e il crimine. A proposito della Rasphuis, Dario Melossi, docente di criminologia, scrive in Carcere e fabbrica, alle origini del sistema penitenziario (1977) che “la pratica monotona e pesantissima del rasping rispondeva meglio di ogni altra a quella che già fin da ora si presenta come la funzione fondamentale della istituzione correzionale, cioè l’apprendimento della disciplina capitalistica della produzione.” Un delinquente serve di più da vivo che da morto, e se la mano gliela lasci attaccato al braccio, può produrre qualcosa di valore. Melossi, insieme ad altri criminologi ed economisti, ipotizza che dalle prime case di correzione (o case di lavoro) sia poi nata l’idea del carcere moderno.
Il concetto di “redenzione attraverso il lavoro” è legato alla cultura luterana e calvinista, per cui l’occupazione e il risparmio (e quindi l’accumulazione di capitale) sono un aspetto della stessa fede religiosa. I detenuti erano anche tenuti a recitare preghiere e leggere la Bibbia per raggiungere la salvezza spirituale. La flessibilità della pena, che poteva essere allungata o accorciata in base alla condotta, invogliava il recluso all’obbedienza.
Profitto, buon esempio e turismo
La funzione di queste prigioni era quindi solo educativa? Probabilmente no. Molti imprenditori dell’epoca trassero profitto dalla lana e dai pigmenti prodotti nella Spinhuis e nella Rasphuis. Inoltre, i detenuti fungevano da buon esempio e da deterrente nei confronti del resto della popolazione. Queste prigioni potevano infatti essere visitate a pagamento, per esempio da genitori che volevano mostrare ai loro figli dove finiva chi non si comportava bene. Ma per molti curiosi erano semplicemente mete turistiche: nel XVII secolo metà degli avventori stranieri visitava una delle case di correzione di Amsterdam.
Dove un tempo si filava oggi si studia l’olandese
La Spinhuis ha avuto diverse funzioni e subito parecchie modifiche nei secoli. Nel 1645 venne ricostruita a seguito di un incendio. Sopra il nuovo ingresso monumentale, progettato da Hendrick de Keyser e visibile ancora oggi, sono scolpite due donne fustigate dalla Giustizia. L’aspetto odierno è molto diverso da quello del Seicento. Nel 1779 le detenute vennero trasferite in una nuova casa disciplinare e la “Casa della Filatura” sull’Oudezijds Achterburgwal divenne una stazione di polizia. L’edificio ha anche ospitato l’Università di Amsterdam.
Oggi è il Meertens Instituut, un istituto di ricerca per la lingua e la cultura olandese, a occupare le stanze in cui secoli fa tante donne hanno scontato la loro pena, sudato per il profitto di altri e sofferto sotto i colpi di una frusta, magari sotto gli occhi di un turista o di un bambino terrorizzato.