LITERATURE

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La letteratura normale di Nescio e i suoi ragazzi sognatori di Amsterdam

CoverPic@Ben van Meerendonk | Source: AHF, collectie IISG/Flickr | License: CC BY-SA 2.0

di Simone Gregorio

Se Jan Hendrik Frederik Grönloh si fosse limitato a svolgere diligentemente la sua carriera di uomo d’affari, carriera che in effetti condusse con successo per tutta la vita, non sarebbe mai passato alla storia.  Se oggi Grönloh è notissimo nei Paesi Bassi, lo si deve alla sua carriera letteraria, condotta sotto lo pseudonimo di Nescio (dal latino “non so”). “Non riesco a finire una pagina senza pensare a Nescio almeno una volta” questo il lusinghiero giudizio di uno dei pilastri della letteratura olandese, Gerard Reve, che in proposito aggiunge anche che “Nescio scrisse, dopo decenni di pomposa assurdità ai quali in Olanda eravamo abituati, come una persona normale”. Ancora più straordinario se si pensa che Nescio riuscì ad entrare nel non troppo affollato pantheon letterario olandese grazie ad appena una manciata di racconti.

Un borghese piccolo piccolo?

La biografia di Nescio manca di fatti eclatanti e pare quella di un “classico” borghese olandese, di quelli su cui egli stesso ironizza nei suoi racconti. Nato ad Amsterdam nel 1882, fin da giovanissimo fu impiegato in vari uffici commerciali. Iscritto ad un corso di canto libero, ne divenne segretario mancandogli la voce. Approdò infine ad una società di esportazione ad Amsterdam, dove rimase fino alla pensione, nel 1940.

Parallelamente alla tranquilla vita da lavoratore e da padre di famiglia di quattro figlie (si era sposato nel 1906), Nescio ne condusse una di altro tipo, meno convenzionale. In gioventù entrò in contatto con la comune socialista Walden, fondata a fine novecento a Bussum, Olanda Settentrionale, dallo scrittore e psichiatra Frederik van Eeden, e tentò di costituirne una simile con alcuni amici. La comune di Nescio, denominata Tames ed ispirata anch’essa a principi socialisti, si trovava ad Huizen, sempre in Olanda Settentrionale, ed era costituita da un appezzamento ed un fienile. L’esperimento ebbe però termine nel 1903, appena due anni dopo la sua costituzione.

L’esordio da “Scroccone”

Ben più salda fu la sua carriera letteraria, la cui prima fatica, il racconto De Uitvreter (Lo scroccone) comparve nel 1911 sulla rivista De Gids. Il protagonista Japi, lo scroccone del titolo, serve a Nescio per rievocare un mondo che, nell’epoca in cui scrive, è per lui oramai scomparso: quello della gioventù idealistica, incarnata dall’allegra e squattrinata combriccola di amici che si muovono dentro e fuori Amsterdam con l’intento di fare arte, cambiare il mondo borghese che non li capisce e gozzovigliare nelle soffitte e nelle bettole, cercando di incrociare lo sguardo di una bella ragazza.

“Un’epoca meravigliosa”, come dice lo stesso Nescio, “un’epoca che deve durare ancora adesso, durerà sempre finché ci saranno ragazzi di diciannove, vent’anni. Ma per noi è finita da un pezzo”.

Dai giovani bohémien al Dio d’Olanda

Tre anni dopo venne pubblicato Titaantjes (Piccoli titani), che è una continuazione di Lo scroccone essendo sempre ambientato nello stesso ambiente di giovani bohémien ed avendone gli stessi personaggi. Nel 1918 è la volta del Piccolo poeta (Dichtertje), dove si riprende il tema dell’inconciliabilità tra le velleità artistiche del protagonista e le convenzioni del mondo borghese che questi è tenuto a seguire e rispettare. Questa volta però il soggetto della storia non è più un adolescente ma un uomo adulto con famiglia e amante a carico. Anche in questo racconto lo scontro tra le aspirazioni del protagonista e il resto del mondo ne causano l’inevitabile sconfitta.

Un aspetto interessante de Il piccolo poeta è che tra i personaggi figura anche Dio. Non si tratta però di un Dio qualunque, ma del “Dio d’Olanda”, che di conseguenza non può che essere un borghese: un Dio “a passeggio sull’asfalto ardente del Damrak” che indossa “il solito abito che dà sul marrone e il solito cappello, con la solita forfora sul colletto”, un Dio che non sa cosa pensare dei poeti e che mentre viaggia in treno legge relazioni, pratiche e “un grosso libro sul sistema taylorista”.

Pic@DF Blom | public domain

Oltre ad attingere fortemente dalle sue esperienze personali, Nescio introdusse anche alcune innovazioni nella sua scrittura, come una grafia che cercasse di rendere il più possibile il parlato: ad esempio, la parola “hij” (“lui”) egli la rese con una semplice “i”. Nescio tentò insomma di gettare il sasso nel tranquillo stagno della letteratura olandese. Le reazioni di quest’ultima, tuttavia, si fecero attendere, e i racconti furono ignorati tanto dal pubblico quanto dalla critica. Solo a partire dagli anni 30 si cominciò a rivalutarli. Nello stesso periodo, Grönloh rivelò essere l’autore dietro lo pseudonimo di Nescio e diede alle stampe altri brevi racconti. Negli anni 50, ricevette il suo primo ed unico premio letterario. Nescio si spense nel 1961. 

Il successo postumo

La considerazione per le sue opere non si fermò: raggiunto oramai il successo di pubblico e critica, nel 2007 i racconti di Nescio furono inseriti tra le opere più importanti della letteratura olandese. Una scelta dei racconti più noti fu pubblicata in inglese nel 2012 e in italiano nel 2014 da Iperborea con il titolo Storie di Amsterdam. Il successo di Nescio continuerà finché i lettori si riconosceranno nel tema portante dei suoi racconti, ovvero la lotta tra il mondo interiore e le sue aspirazioni da un lato e i compromessi e le regole del mondo esterno dall’altro. Finché insomma esisteranno persone come lo “scroccone” Japi, il pittore Bavnik, il piccolo poeta e tutti gli altri suoi personaggi, i ragazzi sognatori di Amsterdam.

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