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La Corte internazionale de l’Aia nega il rilascio anticipato di detenuti “non riabilitati”

Author: UN International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia Source: Wikipedia License:  CC 2.0

I rappresentanti delle vittime di guerra bosniache hanno accolto con favore le decisioni di Carmel Agius, presidente del Mechanism for International Criminal Tribunals de L’Aia, di respingere le richieste di rilascio anticipato presentate ad inizio aprile dai detenuti per crimini di guerra. Secondo Agius, infatti, i detenuti non avrebbero mostrato segni di riabilitazione sufficienti al rilascio.

Non è la prima volta, però, che Agius agisce in questa direzione: nell’ottobre del 2018, ad esempio, prima di diventare presidente del tribunale delle Nazioni Unite, il giudice si oppose alla richiesta dell’ex generale dell’esercito serbo bosniaco Radivoje Miletic di essere rilasciato dopo aver scontato solamente due terzi della sua condanna a 18 anni per crimini di guerra contro i bosniaci di Srebrenica. L’uomo sta ora scontando la pena in una prigione in Finlandia. Secondo la legge finlandese, nonché secondo le pratiche ormai consolidate del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia e secondo l’ICTY e il suo successore, il Mechanism for International Criminal Tribunals (MICT), Miletic aveva il diritto di richiedere il rilascio anticipato, ma i giudici hanno espresso disaccordo con la sua liberazione anticipata considerando la gravità dei suoi crimini.

Uno di quei giudici era proprio Carmel Agius, che riferì all’allora presidente del MICT Theodor Meron che uno dei motivi che aveva indotto la Corte a respingere la richiesta di Miletic era il fatto che egli non avesse dimostrato “nessun segno di riabilitazione di sorta”. “Secondo il giudice Agius, il fatto che Miletic riconosca la gravità delle sue azioni, come ha affermato attraverso il suo avvocato difensore, non è affatto sufficiente per dimostrarne la riabilitazione, in modo particolare se si considera l’atteggiamento di Miletic durante tutto il processo di primo grado, che Meron definì come “freddo, polemico e intransigente”.

All’inizio del 2019, solo pochi mesi dopo la sentenza sul caso Miletic, Agius è divenuto presidente del MICT ed ha continuato a lavorare sulla pratica dell’uso di prove dell’esistenza di un processo riabilitativo in atto  per valutare decisioni sui rilasci anticipati. Nel gennaio di quest’anno ha respinto una richiesta del combattente del Consiglio di Difesa croato Miroslav Bralo, che ha chiesto di essere rilasciato in anticipo da una prigione svedese dove sta scontando la sua condanna a 20 anni per le uccisioni di civili bosniaci, compresi i bambini, nel villaggio di Ahmici, vicino a Vitez, nel 1993. “In genere non ritengo appropriato consentire alle persone condannate di tornare nelle regioni colpite prima che abbiano scontato la pena per intero, senza aver dimostrato un certo grado di riabilitazione, per evitare che il loro rilascio metterà in pericolo la pace e la sicurezza nel luogo previsto di residenza”, ha dichiarato Agius nella sua decisione. Egli, infatti, ha riportato un verbale redatto dal personale medico della prigione svedese in cui Bralo è detenuto, in cui si sostiene che “di non provare alcun rimorso per le sue azioni”.

Murat Tahirovic, presidente dell’Associazione delle vittime e dei testimoni del genocidio, ha accolto con favore la nuova pratica introdotta da Agius. “Con l’arrivo del giudice Agius, le richieste [di rilascio] hanno cominciato ad essere analizzate in modo più approfondito e tutte le richieste presentate finora sono state respinte. Questo è certamente positivo per tutte le vittime, in particolare per i testimoni”, ha riferito Tahirovic a BIRN. Altri si sono dimostrati più scettici sull’apparente cambiamento. “Penso che il fatto che i detenuti siano obbligati ad ammettere di aver commesso dei reati come condizione preliminare per il loro rilascio anticipato è del tutto inaccettabile, in particolare se si sono dichiarati non colpevoli di crimini di cui sono stati accusati durante i processi. In questo modo sono in qualche modo costretti ad ammettere una colpa”, ha dichiarato l’avvocato di Belgrado Aleksandar Lazarevic.

Nonostante ciò, questo tipo di pratica sembra attestarsi con una sempre maggiore frequenza. Attualmente, 16 persone condannate dall’ICTY per crimini di guerra in Bosnia ed Erzegovina stanno scontando le loro condanne, mentre altri due detenuti sono in attesa di essere trasferiti nei paesi in cui saranno scontate le condanne: l’ex leader politico serbo bosniaco Radovan Karadzic e l’ex croato bosniaco ufficiale militare Milivoj Petkovic. Il mese scorso, Agius ha respinto una richiesta di rilascio anticipato di Radoslav Brdjanin, ex leader politico della non riconosciuta regione autonoma a guida serba di Krajina, che è stato condannato a 30 anni per crimini contro l’umanità. Nella sua sentenza, Agius ha affermato che “la gravità dei suoi crimini è un ostacolo alla sua liberazione anticipata. Inoltre, Brdjanin non ha dimostrato di aver attraversato con successo un processo di riabilitazione”.

Nel periodo antecedente, invece, quando Meron era presidente del Tribunale, sono state respinte le richieste di rilascio anticipato di Stanislav Galic, il comandante del tempo di guerra del corpo dell’esercito serbo bosniaco Sarajevo-Romanija Corps, Goran Jelisic, una guardia del campo di detenzione serbo bosniaco dell’ex serbo bosniaco, ed ex generale serbo bosniaco Radislav Krstic, ma solo perché non avevano scontato i due terzi delle loro pene.

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