Il 25 aprile Brill ha ufficialmente annunciato sul suo sito web che la collaborazione con la China Higher Education Press, casa editrice statale cinese, non potrà proseguire. L’accordo prevedeva la distribuzione di quattro riviste gestite da CHEP al di fuori della Cina per il 2020.
La casa editrice olandese non ha fornito alcuna spiegazione ufficiale in merito.
Brill, fondata nel 1683, è attualmente uno dei più grandi editori di riviste accademiche del mondo. La casa editrice olandese presenta oltre 300 titoli in vari campi, dagli studi asiatici alla storia, le scienze sociali, i diritti umani e la biologia.
Secondo un post sul web di China Education Publishing &Media Holding Corporation, l’accordo in questione era stato firmato nel settembre del 2011.
A denunciare l’atto di censura è stato Jacob Edmond, professore associato nel Dipartimento di Inglese e Linguistica presso l’Università di Otago in Nuova Zelanda. L’episodio di censura avrebbe interessato Frontiers of Literary Studies in China (FLSC), una delle riviste della casa editrice cinese.
In un’intervista del 29 aprile Edmond ha affermato di essere profondamente d’accordo con la decisione di Brill. “Una piccola vittoria in quella che è una battaglia continua contro la minaccia della censura” ha dichiarato a Inside Higher Ed, un sito di notizie sull’educazione americana.
“Mi rattrista il fatto che prima che Brill facesse questo passo sarebbe stato meglio affrontare la questione pubblicamente”, ha aggiunto il professore. Edmond e la collega Lorraine Wong, assistente presso il Dipartimento di Studi Cinesi, hanno collaborato per raccontare per iscritto di come sono venuti a sapere della censura di FLSC. Il testo, insieme con l’articolo censurato, è stato pubblicato ad aprile, nel volume numero 40 della rivista americana Chinese Literature: Essays, Articles, Reviews.
Edmond e Wong raccontano che durante la supervisione preliminare per il numero speciale hanno accettato quattro saggi tra quelli proposti dall’editore cinese. Tuttavia, quando hanno ricevuto i testi definitivi poco prima della data di pubblicazione, si sono resi conto che uno dei quattro saggi mancava all’appello. Questo era il testo scritto da Liu Jin, professore associato di lingua e cultura cinese alla Georgia Institute of Technology.
Il saggio censurato parlava del comico cinese Li Xiaoguai, personaggio noto per le sue caricature satiriche. Liu descrive in particolare un’opera del comico in di cui dei personaggi ideati da quest’ultimo ridicolizzavano il Partito Comunista Cinese.
Inoltre, Edmond e Wong accusano China Higher Education Press di essere intervenuti sul loro saggio introduttivo che è stato “rozzamente modificato per rimuovere ogni menzione dell’articolo di Liu”.
Resisi conto del fatto, Edmond e Wong hanno subito scritto al redattore capo della FLSC, Zhang Xudong, professore di letteratura comparata e studi sull’Asia all’Università di New York.
Zhang ha risposto che “non c’è niente di cui sorprendersi. FLSC ha la sua redazione a Pechino e deve quindi attenersi alla norma della censura cinese”
“Tuttavia – il testo continua – Zhang è andato oltre. Ha continuato dicendo che il saggio di Liu non avrebbe mai dovuto essere accettato e che stava esercitando il suo diritto da editore per rifiutarlo”.
Secondo il sito web del Ministero della Pubblica Istruzione cinese, China Higher Education Press, fondata nel maggio 1954, è direttamente sotto la sua guida. Attualmente è diretta da Su Yuehong, presidente della casa editrice e segretario del Partito.
China Higher Education Press ha chiaramente espresso il desiderio di allinearsi alla linea del partito. Sempre secondo il sito web, nel settembre del 2018 c’è stata una conferenza tra i massimi dirigenti e membri del comitato del partito. La conclusione dell’incontro è stata che l’editore “deve seguire le politiche educative ed editoriali del Partito Comunista cinese” in sintonia con “il ruolo guida del marxismo”.
Questa non è la prima volta che una rivista accademica internazionale è soggetta alla censura di Pechino. Nell’agosto 2017, la Cambridge University Press ha inizialmente accettato una richiesta di Pechino per bloccare nel mercato cinese l’accesso online a 315 articoli della rivista “China Quarterly”. Dopo le critiche pubbliche, l’editore ha annullato la sua decisione.
Gli articoli bloccati includevano una serie di argomenti considerati tabù da Pechino. Tra questi, le perseguitazioni portate avanti dal regime cinese Falun Gong, la Rivoluzione Culturale, il massacro di piazza Tiananmen e il Tibet, un altro luogo soggetto all’oppressione cinese.
Secondo il giornale britannico Reuters, anche il gigante editoriale Springer Nature nel 2017 ha accettato di conformarsi alle normative cinesi limitando l’accesso a una serie di articoli.
Il Financial Times ha stimato che sono stati bloccati almeno 1.000 articoli di Springer Natures. Tra gli inaccessibili ci sono quelli contenenti parole chiave come “Taiwan”, “Tibet” e “Rivoluzione Culturale”.