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Io, medica italiana in Francia, vi racconto l’emergenza Coronavirus a Parigi

di Agnese Soverini

 

Non ci ripeteremo quanto la lunga crisi del coronavirus stia mettendo a dura prova la stabilità e i sistemi sanitari dei Paesi di mezzo mondo. Ma  oltre allo staff locale, negli ospedali di mezzo mondo sono impegnati a effettuare tamponi e salvare vite anche tanti stranieri: Adele (nome di fantasia) è italiana, medica di medicina generale e da anni lavora in Francia, nella région parisienne.

“Il sistema sanitario d’oltralpe ricorda quello italiano”, dice Adele. “La sanità è principalmente pubblica, anche se negli ultimi anni sono stati operati sempre più tagli che hanno portato a una privatizzazione progressiva delle cure”. “Questo va a discapito della salute del paziente, perché la struttura privata non presenta gli stessi reparti, come virologia o rianimazione. In Lombardia è stata fatta la stessa operazione e ne stiamo vedendo adesso i risultati”, prosegue la dottoressa italiana. “Questo Corona virus arriva in un momento molto particolare per la sanità francese. Il sistema era già in emergenza ma adesso è una catastrofe”. Negli ultimi tempi si erano susseguite proteste contro i tagli alla sanità pubblica e negli ospedali dell’Ile-de-france i medici sono arrivati al punto, in segno di protesta, di lanciare il camice ai piedi dei manager ospedalieri. “Oggi, non lo tolgono neanche a fine giornata perché non c’è abbastanza personale sanitario per fronteggiare l’emergenza”.

Il Corona virus, la crisi del corona virus, in Francia  si colloca quindi in questo contesto, un sistema sanitario già in difficoltà che di certo – al pari di quello italiano – non potrebbe sostenere il peso di un contagio diffuso. Non a caso, si sta già chiedendo il supporto di medici in pensione e di neo-laureati in medicina, esattamente come sta accadendo in Italia.


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Ai medici di base va meglio

Per i medici di base, la situazione è diversa, ma non per questo meno seria: “Siamo quasi tutti liberi professionisti convenzionati con il sistema sanitario pubblico” ci dice Adele, “veniamo pagati a prestazione, a visita. Va da sé quindi che cerchiamo di vedere più pazienti possibile e che dedichiamo a ciascuno molto tempo. Questo aspetto è importante nella gestione del Corona virus, perché da un lato ci sono le ultime linee guida che ci indicano di privilegiare i contatti telefonici per chi ha sintomi lievi, dall’altro lato però le consulenze telefoniche non vengono retribuite. Inoltre, per valutare l’ospedalizzazione dobbiamo per forza visitare il paziente e in questo caso mettiamo a rischio non solo la nostra salute, ma anche quella degli altri pazienti”. Fortunatamente, varie piattaforme stanno offrendo gratuitamente la possibilità di teleconsultazione. “Un aiuto”, come lo definisce Adele, “ma non certo un sostituto delle visite vere e proprie”.

Anche i dispositivi di protezione scarseggiano, esattamente come in Italia. “Fare il medico oggi significa essere stretti tra l’etica professionale e la consapevolezza di dover affrontare condizioni di lavoro inaccettabili” prosegue Adele. Questa situazione ha un impatto anche sui cittadini. I privati non possono più acquistare sistemi di protezione perchè ne è stata proibita la vendita. Tutte le scorte sono appannaggio dello Stato, che le distribuisce alle strutture sanitarie. Nonstante ciò, negli ospadali e negli ambulatori non ne abbiamo a sufficienza. “La conseguenza di questa misura è stata che nel nostro ambulatorio i pazienti hanno rubato i gel disinfettanti”, ci confida lei.

Come l’Italia, ma due settimane fa

La Francia non sostiene la linea dell’immunità di gregge, di stampo principalmente anglosassone-nord europeo. Adele ritiene che “l’immunità di gregge in questo caso sia un grave errore. Si applica per i vaccini, certo, ma applicarla al Corona virus significherebbe accettare la logica del sacrificio di massa. I decessi sarebbero tantissimi e immagini come quelle di Bergamo – con i camion stipati di bare che escono dagli ospedali – diventerebbero all’ordine del giorno”.

Oggi la Francia è indicativamente due settimane indietro rispetto all’Italia. Hanno chiuso le scuole, i locali e hanno attivato lo smart-working. Ma non solo, nel giro di poco tempo hanno chiuso i canali e altri posti pubblici, dove la gente si riversava per andare a correre.  La popolazione è stata invitata a rimanere a casa, ma sono ancora tanti quelli che vanno al lavoro. “Qui i provveddimenti sono stati presi molto più in fretta. Ma del resto sono identici. È come vedere un film il giorno dopo: prima accade in Italia e, poco dopo, la stessa cosa avviene anche in Francia”. È per questa ragione che ci si aspetta lo stesso numero di contagi e ci si prepara a fronteggiare lo stesso livello di emergenza. Anche se la curva in Francia è più morbida e c’è maggiore consapevolezza nella popolazione.

Al momento i numeri ufficiali rappresentano solo la punta dell’icerberg. Come in Italia, in Olanda e in Belgio, anche in Francia non ci sono test a sufficienza per poter mappare in maniera completa il contagio. “Vengono testati solo i pazienti gravi, i sintomatici con fattori di rischio e il personale sanitario con sintomi da COVID-19”. Insomma, non abbastanza per capire il numero vero dei contagi, di chi rimane a casa con febbre e tosse o addirittura di chi non presenta proprio alcun sintomo.

La guerra sanitaria in atto

“E’ guerra”, ma Macron esce a fare campagna elettorale.
Come in Italia e  come del resto negli altri Paesi, anche in Francia la situazione è in continua evoluzione.  “Nel weekend del 14 marzo si sono tenute le elezioni municipali e Macron si faceva vedere a teatro. Quello successivo lo stesso Macron parlava di guerra, con un discorso bellicoso”, ci dice Adele. “Questo all’inizio ha creato confusione nella popolazione. Fino al giorno prima nessuno si preoccupava del problema, nessuno credeva potesse accadere anche in Francia. C’è stata una pessima gestione nelle prime fasi dell’emergenza e un errore di valutazione anche da parte dei medici. Si pensava che il problema in Italia riguardasse la gestione regionale della sanità. Ho esempi di colleghi che consideravano il virus una semplice influenza, di chi pensava che eravamo noi italiani con il nostro atteggiamento melodrammatico a esagerare” ci dice Adele – che non nasconde il suo disappunto. “Nel giro di pochissimo tempo però la situazione è cambiata”, continua la medica di base, “la Francia è entrata in guerra, il Corona virus è il nemico e noi medici siamo diventati degli eroi”.

“Personalmente”, dice ancora la medica, “non condivido questa etichetta. Non siamo eroi, siamo lavoratori come tanti altri e se negli ultimi anni non avessero fatto così tanti tagli alla sanità, adesso di certo non dovremmo fare gli eroi. Dal mio punto di vista, la Francia ha inizialmente imputato la gravità della situazione all’incapacità italiana di gestire la crisi. Il fatto che sia stata colpita per prima l’Italia – purtroppo – può aver contribuito nei confronti degli altri Paesi a dare una lettura meno grave dell’ermergenza sanitaria in atto”.

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