di Massimiliano Sfregola
L’Olanda è Paese ben noto per le sue “legalizzazioni” e per il pragmatismo in campo etico ma se alcune politiche liberali, come quelle su prostituzione e cannabis, hanno anticipato decisioni analoghe in mezzo mondo, per l’eutanasia, al contrario, il modello olandese rimane a 15 anni dalla sua introduzione un caso quasi unico. Ad oggi, solo nei Paesi del Benelux è consentita la dolce morte, praticata con l’ausilio di un medico, mentre nel resto del mondo, con l’eccezione della Svizzera dove è legale il suicidio assistito, l’eutanasia rimane un argomento taboo.
“Per una questione etica di questa delicatezza, la cultura religiosa ha avuto certamente la sua influenza nelle decisioni dei governi” dice a +31mag.nl Flip Sutorius, huisart di Haarlem. Sutorius è tra i medici olandesi che fin dagli anni ’80 accettano di praticare l’eutanasia. La depenalizzazione che il parlamento olandese approvò nel 2002, infatti, non fece altro che offrire un quadro normativo a pratiche già ampiamente cesellate dai tribunali fin dagli anni ’70.
“Il Toetsing levensbeëindiging op verzoek en hulp bij zelfdoding, non ha riconosciuto un diritto di disporre della vita in capo al paziente “spiega Sutorius” ma stabilito i casi in cui non è perseguibile un medico che acconsentisse di praticare l’eutanasia. E’ una questione di dignità e di rispetto del rapporto tra medico curante e malato”. La legge in vigore, prevede che il parere positivo ad una richiesta di eutanasia sia soggetta ad una seconda opinione scientifica; solo dopo il decesso del paziente, una commissione provinciale, composta da personale sanitario, esperti di bioetica e giuristi ha il compito di valutare che il protocollo nazionale sia stato rispettato. “La commissione deve accertare che il nostro operato abbia seguito le regole, ovvero che sia una decisione del paziente e che il suo stato di intollerabile sofferenza non abbia via di guarigione.” continua Sutorius, “Con l’incremento delle richieste di eutanasia, però, sono molti i problemi di natura etica che hanno investito me ed i colleghi. Tanti, ad esempio, pur favorevoli preferiscono non confrontarsi con richieste che provengono da pazienti affetti da patologie di tipo psichiatrico.”
Pur essendo, sul piano internazionale, un modello che ha suscitato forti polemiche, la via olandese alla dolce morte gode di un supporto quasi unanime da parte della popolazione: secondo un sondaggio del 2013 realizzato dal programma Eenvandaag, l’eutanasia regolamentata vedrebbe favorevole oltre il 90% dei cittadini. 13 anni dopo la riforma, si puo’ tirare un bilancio? “I casi di eutanasia sono aumentati drasticamente negli ultimi anni ma con questi anche le richieste di cure palliative” dice Sutorius “soprattutto per pazienti malati terminali”.
Secondo la regionale toestsingscommissies euthanasie, nel 2014 sarebbero stati 5306 i pazienti che hanno scelto la dolce morte; quasi il doppio rispetto al 2010 ma appena il 3% delle cause di decesso nei Paesi Bassi. Se I “pro life” interpretano queste cifre come il fallimento dei principi della legge, uno studio della Vrije Universiteit di Amsterdam insieme all’Istituto di statistica CBS, considera –al contrario- che i casi di eutanasia, dopo il passaggio dalla zona grigia alla depenalizzazione non sarebbero aumentati. E giustificano l’incremento di richieste con l’invecchiamento della popolazione
Per il medico di Haarlem, la trasparenza sulle pratiche e la possibilità di discutere apertamente di fine vita sono stati due tra i principali risultati ottenuti dalla riforma: “Medici accettano richieste di eutanasia ovunque nel mondo ma i rischi di conseguenze penali per loro e l’assenza di protocolli, rendono molto difficile il rispetto delle scelte del paziente. Noi in Olanda, abbiamo giovani medici molto preparati in questo settore che possono contare sulla conoscenza maturata in questi 13 anni” dice ancora” prima del 2002, operavamo con procedure informali scritte su un foglio di carta: non conoscevamo i dosaggi precisi di sonniferi e di barbiturici da somministrare e a volte, poteva succedere che un’iniezione non fosse sufficiente.”
Sutorius come altri suoi colleghi di lunga esperienza, ha accompagnato molti pazienti negli ultimi momenti prima della dolce morte. “Non mi abituerò mai.” prosegue “conoscevo bene ognuno di loro, le loro storie e le loro famiglie. E’ una grande responsabilità sul piano emozionale perché delle persone ti aprono la porta di casa e ti mostrano da vicino il loro dolore. Non sono momenti facili però devo mantenere la mia professionalità e dare seguito alle decisioni del paziente.”
Un’esperienza intensa che ha segnato il medico e l’uomo, cambiando il suo stesso rapporto con la vita, e con la morte. Ciò che non è cambiato invece, dice ancora Sutorius, è il sentimento di empatia nei confronti dei pazienti: “Per coloro avanti con gli anni, gravemente malati da tempo e costretti a letto, oltre alla fine delle sofferenze, significa liberazione; hanno vissuto, vedono un orizzonte ristretto e chiedono solo che la loro dignità venga rispettata. Ma nei casi di pazienti giovani, è struggente” dice tradendo un attimo di emozione “si tratta di persone che avrebbero avuto davanti ancora una vita da vivere”.