HISTORY

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Il rastrellamento di Amsterdam: i 389 ebrei deportati nel ’41 hanno ora un nome e un volto

CoverPic@Fotografo sconosciuto | Source: Nationaal Archief | License: public domain

Le vicende della deportazione degli ebrei di Amsterdam e il coinvolgimento della popolazione civile nel cosiddetto sciopero di febbraio, di cui quest’anno ricorrono gli 80 anni, sono una vicenda nota.

Il tassello mancante erano i nomi e i volti dei deportati. Nei rastrellamenti nazisti del 22 e 23 febbraio, i primissimi nei paesi europei occupati, 389 ebrei furono radunati e arrestati nel quartiere ebraico.
Di questi, 150 furono impiegati come “cavie” per le camere a gas. Solo due di loro sono sopravvissuti alla guerra come scrive la storica Wally de Lang nel suo libro I rastrellamenti  del 22 e 23 febbraio 1941 ad Amsterdam. Il destino di 389 ebrei.
“Non avevano un posto dove scappare”, racconta de Lang. “In un’area di tre chilometri quadrati, tutti i ponti furono sollevati e seicento militari tedeschi iniziarono a setacciare la zona”.
Anche le immagini del rastrellamento sono note. Gli arrestati stanno inermi sulla piazza Daniël Meijer con le braccia in alto. Sono stati umiliati e maltrattati, ma poco si sapeva del loro ulteriore destino. De Lang ha indagato sul loro background personale, sulla loro storia familiare e sul corso della deportazione.

Per anni ho sputo solo il suo nome e ora c’è un volto che lo accompagna

389 nomi e vite

Tra di loro c’erano 43 ambulanti, 66 venditori al mercato e 33 sarti. Erano solo nel posto sbagliato al momento sbagliato“.De Lang è stata in grado di associare noi e volti contenuti nelle foto dei vecchi documenti nell’Archivio della città di Amsterdam. “Su una foto ingrandita del rastrellamento ho improvvisamente riconosciuto in un angolo un signore con gli occhiali, il venditore del mercato Aron Smeer. Sulla sua licenza – con informazioni precise sul suo posto al mercato domenicale di Uilenburger – c’era una fototessera”.
John Spel, nipote di Aron Smeer, ha condotto ricerche su suo nonno per decenni. “Per anni ho sputo solo il suo nome e ora c’è un volto che lo accompagna”.
Il gruppo di prigionieri fu portato al campo di concentramento di Buchenwald passando per il campo di Schoorl, dove gli uomini dovettero svolgere un lavoro disumanamente duro in un freddo pungente. Molti sono morti. De Lang racconta: “Molti uomini divennero inabili al lavoro e furono considerati ‘zavorra’. Per questo furono mandati nel campo di concentramento di Mauthausen. E anche se non si sapeva ufficialmente, a nessuno fu permesso di tornare vivo da lì”.
De Lang ha inoltre fatto una macabra scoperta negli archivi tedeschi. È rimasta scioccata nello scoprire che dal 1 al 6 settembre 1941, tra 108 e 150 uomini sono stati assassinati “in ordine alfabetico. È anche emerso che le loro morti erano state amministrativamente camuffate e segnate su carte segrete”.

In realtà, gli uomini furono usati come “cavie” per le primissime camere a gas nel vicino castello di Hartheim. De Lang elenca i fatti raccapriccianti: “Per esempio, quanto gas era necessario, quante persone potevano entrare in una camera a gas e come funzionava la combustione nei crematori. Questo sapere è stata poi applicato nei campi più grandi”. Poiché i tedeschi hanno distrutto gran parte dell’archivio non è stato possibile rintracciare tutto.

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