di Sara Malavolta
Nelle ultime settimane, nel vivo della “seconda ondata” Covid-19, si riaccende il dibattito sulle strategie nazionali. I numeri salgono o scendono e l’opinione pubblica di mezzo Continente si guarda in giro, alla ricerca di un modello o di un esempio. Se le opinioni divergono, e di molto, su una strategia o l’altra, il modello svedese rimane in assoluto il più discusso.
Non c’è dubbio che la Svezia sia stato un Paese molto colpito, mentre è meno unanime il giudizio sulle misure; il “modello svedese” ideato da Anders Tegnell, epidemiologo di fama internazionale, consiste nel ricorrere a misure contenitive non eccessivamente invasive, come il lockdown, provando a mantenere stabile il numero di contagi e decessi.
A marzo, abbiamo provato a raccontare la situazione nel Paese scandinavo attraverso alcune testimonianze di studenti e lavoratori residenti nel paese. Mentre negli altri Stati il lockdown era in atto da settimane, le restrizioni e le norme volte al contenimento del virus in Svezia, si limitavano a raccomandazioni del governo.
Le sollecitazioni da parte delle autorità erano rivolte principalmente alla responsabilità individuale cittadina.
A distanza di 7 mesi come è cambiata la situazione?
Nelle ultime settimane sembra che l’incremento esponenziale dei contagi abbia stravolto l’equilibrio del Paese, consolidato sulla tenace fiducia nei confronti della strategia di Tegnell. Nonostante le percentuali in aumento, la Svezia ha continuato a confidare nella libertà e responsabilità dei propri cittadini, senza imposizioni particolari.
Con il manifestarsi della seconda ondata, il 29 ottobre scorso sono state emanate nuove raccomandazioni del governo. “Non hanno inserito alcuna obbligo neanche questa volta, ma hanno agito in modo da ricordare alle persone che il virus è ancora presente”, dice a 31mag Linda, studentessa svedese di 23 anni residente a Stoccolma.
Le sollecitazioni, però, avrebbero avuto un effetto immediato sulla popolazione. “Dopo un’ora e mezza dall’emanazione delle nuove direttive, nel mio ristorante il 60% delle prenotazioni sono state cancellate”, racconta Giordana, sociologa da 4 anni residente a Goteborg, dove gestisce il ristorante di famiglia. “Gli svedesi non hanno bisogno di ricevere mille raccomandazioni o di arrivare ad un lockdown: se le autorità consigliano di rispettare le regole, loro le rispettano. Sia per la fiducia riposta in chi hanno messo al governo, sia per buonsenso comune”, aggiunge.
“E anche il governo ha piena fiducia nella popolazione”, conferma Linda. “se ci esortano a seguire delle regole, è naturale per noi farlo”. Sembra, quindi, che la strategia di Tegnell sia realizzata sulla base di fattori culturali specifici che appartengono agli svedesi.
Stigma sociale per chi devia dalla norma e fiducia nelle istituzioni, sarebbero le ricette che fanno funzionare il sistema svedese: “Qui in Svezia una raccomandazione forte è presa quasi come una regola. La rispettano proprio in quanto viene data loro la scelta, quindi si sentono in dovere di responsabilizzarsi. Ovviamente parlo della maggior parte, non tutti lo fanno”, ci racconta Elena, italiana, residente a Stoccolma e insegnante in una scuola per adulti.
Immunità di gregge? Un mito.
Nel corso dei mesi Tegnell aveva dichiarato che in Svezia non sarebbe arrivata una seconda ondata ma la circolazione del virus avrebbe portato all’immunità di gregge. Il mito dell’immunità però non era né esatto né tantomeno tangibile: la curva dei contagi, infatti, è salita di nuovo in modo esponenziale.
Alcuni studi recenti hanno dimostrato che gli anticorpi acquisiti dalle persone contagiate dal virus, scompaiono dopo poco tempo e la stessa teoria dell’immunità di gregge è stata sottoposta a pesante scrutinio da istituzioni sanitarie mondiali come il WHO. Ma la strategia di Tegnell, che era stata già investita da pesanti critiche durante la prima ondata, ha aumentato la platea di scontenti verso il guru delle istituzioni sanitarie svedesi: “Sembra che le persone siano più scoraggiate ora. Forse, non si aspettavano un ritorno così violento del virus”.
In Svezia, insomma, sembra che il realismo sia al centro delle strategie: le istituzioni dispensano consigli e lavorano a tenere il virus sotto controllo, mantenendo -allo stesso tempo- la società aperta.
Il lockdown in Svezia é impensabile
Nonostante la crescita dei casi delle ultime settimane, Linda ritiene che le nuove raccomandazioni verranno rispettate e che non si arriverà mai al caos come in altri Stati. “Continuiamo a credere fermamente nella strategia adottata fin ora. Facciamo tutti molto affidamento in Tegnell.” dichiara Linda, aggiungendo: “Non abbiamo paura del virus. Onestamente la mia vita non è cambiata molto dall’inizio della pandemia: abbiamo dovuto rinunciare a tante cose, ma non alla libertà, per fortuna” e aggiunge “Il governo non prenderebbe mai una decisione del genere”.
Anche Elena è d’accordo, e spiega “Non sarebbe immaginabile qui pensare ad un lockdown, la gente non lo accetterebbe. Andrebbe contro la cultura svedese”. E aggiunge: “Secondo me la soluzione migliore sarebbe promuovere l’uso delle mascherine come misura obbligatoria. Per il resto non credo che il lockdown sia un’opzione possibile qui.”
Secondo il New York Times, il principio del modello Tegnell si focalizza su un piano a lungo termine. Come afferma l’epidemologo: “Siamo di fronte ad un problema che ci porteremo avanti per molto tempo, dobbiamo quindi prepararci con soluzioni adeguate”.
Il lockdown non rappresentava quindi un’opzione, secondo lo svedese. Tegnell ha perciò raggiunto lo scopo desiderato: salvaguardare l’economia del Paese, lasciando agli individui l’obbligo (morale) di tutelare loro stessi e quindi gli altri. E i numeri elevati di marzo? Secondo Linda confermerebbero l’efficacia delle misure: allora, infatti, il problema è stato rappresentato dalla “ poca attenzione riposta nelle decisioni più delicate, come quelle riguardanti le case di riposo e cura; quello è stato il vero fallimento”, dice ancora Linda. Attraverso il suo lavoro, inoltre, Elena ha vissuto da vicino il dramma delle persone più anziane. “La prima ondata è stata presa molto sul serio da tutti, soprattutto dagli anziani. Al momento loro sono sempre più preoccupati e stanchi: rimangono in casa, ma allo stesso tempo vorrebbero uscire dall’isolamento, perché è stressante”.
La strategia è basata su compromessi a cui il governo ha ritenuto giusto arrivare. La morte di tante persone non è mai un risultato eccellente, ma in questo caso è la conseguenza di una scelta che secondo Tegnell ne ha salvate tante altre.
“Il modello svedese ha sicuramente aiutato a salvare economicamente un intero paese, non come è successo ad altri Stati, ma non significa che non ci siano state delle ripercussioni. La crisi c’è, tanti hanno perso il lavoro, ma sicuramente qui c’è un discorso di sostenibilità di fondo” dichiara Giordana.