I membri de l”Unione africana avrebbero minacciato l’abbandono in massa dell’ICC, la Corte Penale de l’Aja, per ottenere una revisione dello Statuto che garantisca impunità ai Capi di Stato.
Secondo il quotidiano canadeseThe Globe and Mail, la strategia sarebbe stata adottata in una sessione a porte chiuse senza votazione, la scorsa settimana. Un rapporto letto dal quotidiano di Toronto, mostra che la strategia si propone di dare immunità ai capi di stato africani, esentandoli da processo fintanto che restano in carica.
Il documento dice che un ritiro di massa da parte dei paesi africani stabilirebbe una “nuova norma” che rafforzerebbe il diritto consuetudinario e le legislazioni nazionali che tradizionalmente danno immunità ai capi di stato in Africa. La strategia sarebbe un attacco diretto alla Corte che basa, invece, il suo lavoro proprio sulla possibilità di portare in giudizio i capi di Stato e di governo sospettati di crimini contro l’umanità.
La nuova strategia è improbabile abbia successo -scrive ancora The Globe and The Mail– dal momento che molti paesi africani non sono disposti a lasciare il tribunale. La decisione del vertice non è giuridicamente vincolante, e gran parte della sua retorica è vaga e poco chiara.
Molti leader africani contestano all’ICC una sorta di “persecuzione” a danno dei Paesi africani. Altre accuse, sono di razzimo e imperialismo da parte di altre potenze (come gli USA) che hanno, in diverse occasioni, appoggiato il lavoro del tribunale, senza però esserne parte.
Tre paesi africani – Sudafrica, Burundi e Gambia – ha annunciato l’anno scorso l’intento di lasciare l’ICC, e molti altri hanno minacciato di farlo.
Più di un quarto dei 124 paesi membri della corte sono africani, quindi un ritiro di massa sarebbe un duro colpo. Il Sud Africa, il più grande paese africano ad aver annunciato l’intenzione di lasciare il CPI scorso anno, ha bruciato le tappe questa settimana con una proposta di legge per completare il suo ritiro.
Nel 2015, il Sudafrica aveva permesso al presidente del Sudan Omar al-Bashir, contro il quale la Corte di Den Haag ha spiccato nel 2009 un mandato di cattura, di partecipare ad un vertice dell’Unione Africana a Johannesburg, nonostante il Paese fosse giuridicamente obbligato ad arrestare e consegnare Al Bashir ai giudici de l’Aja.
Più di una dozzina di paesi africani, tuttavia, hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche di sostegno all’ICC negli ultimi mesi. La Nigeria, per esempio, ha sostenuto che la corte è uno strumento utile per riconoscere i leader responsabili.
Al dibattito a porte chiuse al vertice africano di questa settimana, i leader di otto paesi emesso riserve su una strategia di ritiro di massa, secondo Elise Keppler, direttore associato del programma di giustizia internazionale di Human Rights Watch. “Tali riserve sono un’indicazione importante della mancanza di sostegno per la decisione”, ha detto al giornale di Toronto.