di Alessandro Pirovano
Sulle trivelle e le estrazioni i Paesi Bassi hanno storia di importante da raccontare che vede come teatro l’area nord orientale intorno alla città di Groningen, provincia raramente coperta dalle cronache internazionali. Eppure di interesse ne avrebbe dato che la popolazione locale cammina su una delle più grandi riserve di gas al mondo. Fu scoperta nel 1959 quando l’impianto Slochteren 1 riuscì a scavare fino a 3000 metri sotto la superficie terrestre. I risultati furono inaspettati: vi era una riserva di gas dall’estensione di quasi 900 km² e quasi 2700 milioni di metri cubi di gas disponibile.
Le iniziali titubanze furono rapidamente superate: l’industria olandese in piena crescita era tanto avida di energia a basso costo quanto di lavoratori immigrati. Già quattro anni dopo, nel 1963, cominciava così l’attività estrattiva dai giacimenti di gas che si trovavano sotto terra. I ritmi di crescita degli impianti di trivellazione furono strepitosi: secondo un rapporto dell’Istituto delle scienze applicate (TNO), tra il 1968 e il 1982, i pozzi scavati furono in media 18 per ogni anno. Nel decennio successivo, la percentuale aumentava ancora, raggiungendo la soglia di quasi 30 impianti in media all’anno. Intanto, le ricerche non si arrestavano: nel 1975, venne inaugurata anche la prima piattaforma off shore sul mare del Nord. A oggi, tra terraferma e mare, sono stati scavati più di 300 pozzi
A gestire tutto il processo, dalla ricerca fino alla vendita del gas è la multinazionale NAM Nederlandse Aardolie Maatschappij BV, una società partecipata in modo paritario dalla Royal Dutch Shell e dall’altro colosso estrattivo Exxon Mobile. Dai tempi della scoperta del primo giacimento, sono state loro a dividersi la torta delle riserve di gas olandesi.
Fino agli anni 90’ tutto sembrò andare per il meglio: prezzi bassi dell’energia, grandi investimenti in tecnologia ma qualcosa, nel sottosuolo, non era più come prima. Cominciarono a mostrarsi i primi cambiamenti strutturali dell’area: l’estrazione selvaggi aveva alterato l’equilibrio geologico e da allora, con cadenza regolare, prima piccole scosse, poi terremoti dall’intensità moderata hanno iniziato a ripetersi di anno in anno.
Insomma, quella che fino alla scoperta e allo sfruttamento dei pozzi estrattivi era considerata una zona con rischio sismico nullo si era trasformata in un’area in cui le scosse tornavano a ripetersi con frequenza. Questo cambiamento, però, da subito evidente agli occhi dei cittadini e più volte da loro denunciato, per anni è stato sistematicamente ignorato sia dall’azienda estrattiva NAM che dal governo. Secondo loro non era possibile individuare alcun legame di causalità tra gli eventi sismici e le trivellazioni: in ogni caso, dicevano, i danni sarebbero stati minimi e insignificanti.
Solo di recente, però, le posizioni di NAM e dello stato olandese sono state pubblicamente contraddette e denunciate. I danni sempre più evidenti, insieme alla mobilitazione dei cittadini dell’area, hanno costretto il Comitato Olandese per la Sicurezza prima, (Onderzoeksraad voor Veiligheid) e la magistratura poi, a intervenire. Il primo, in un dettagliato rapporto del 2013, ha messo in evidenza come le condizioni di sicurezza e di vita dei cittadini intorno ai giacimenti siano state consapevolmente ignorate nei processi decisionali di vertici aziendali e dello Stato, permettendo uno sfruttamento indiscriminato e dannoso del sottosuolo.
La magistratura olandese, nel settembre 2015, ha emesso una storica sentenza: la compagnia estrattiva NAM è stata giudicata responsabile e dovrà risarcire tutti i proprietari di casa che hanno visto il valore degli immobili calare negli anni in ragione della procurata sismicità per un valore totale di più di 5 miliardi di euro. La battaglia legale è in corso, ma già, gli abitanti di Groningen, una prima vittoria l’hanno ottenuta: il governo olandese ha sospeso le esplorazioni di gas di scisto per i prossimi cinque anni mentre l’estrazione di gas convenzionale è stata limitata ulteriormente. Siamo solo all’inizio e la storia è ancora tutta da scrivere.