Perchè complicarsi la vita con luoghi esotici e lontani, come le Bermuda o le Cayman, se il paradiso fiscale più a portata di mano è proprio nel cuore dell’Europa? Il Luxleak, l’inchiesta che ha svelato l’opaco sistema lussemburghese di gestione dei rapporti fiscali con almeno 300 multinazionali, si era trascinato dietro di recente anche i vicini Belgio e Paesi Bassi, mettendo in non poco imbarazzo il governo olandese. La vicenda più nota riguarda i favori fiscali a Starbucks ma un rapporto commissionato dal gruppo verde al Parlamento Europeo, tira ora in ballo anche Ikea. Secondo lo studio, il colosso dell’arredamento fai-da-te avrebbe evaso un miliardo di euro in 6 anni, grazie ad un complesso meccanismo di scatole cinesi ed associazioni no profit. L’interesse dei parlamentari ecologisti per Ikea, sarebbe scaturito da un’audizione dello scorso novembre al Parlamento Europeo organizzata sul tema. Il sistema è noto a chiunque mastichi elementi base di finanza (creativa) delle multinazionali: Ikea, le cui attività si svolgono in larga parte in Europa, trasferirebbe le royalties provenienti da tutti i punti vendita del continente presso una sussidiaria nei Paesi Bassi che a sua volta girerebbe gli importi, esentasse, verso un’altra società controllata nel Liechtenstein, risparmiando cosi diversi milioni di euro in tasse: 35 milioni di euro in Germania, 24 in Francia e 11 in UK. Il problema principale, dice ancora il rapporto, è la scarsa trasparenza dei c.d. “sweetheart deals” ovvero gli accordi riservati tra l’ufficio delle tasse olandese e le multinazionali. In sostanza, il tipo di trattamento fiscale ad hoc, come nel caso di Starbucks che in Olanda paga appena l’1% di tasse, garantito ai grandi gruppi dallo stato rimane un mistero. E poco può il pacchetto di misure anti-evasione “corporate”, approvato da Brussel a Gennaio dicono i verdi: senza l’accesso pubblico a quegli accordi, qualunque strategia rischia di rimanere lettera morta.