Giorni addietro vi abbiamo raccontato la storia del giovane Tim Reynders che a 16 anni si è tolto la vita dopo avere partecipato ad un “choking game” online, un gioco dove il partecipante si “strangola”. Il fatto, a quanto sembra, non è un caso isolato.
Quella delle sfide online sta assumendo sempre più i tratti di una minaccia a cui prestare maggiore attenzione ha affermato Jelle Jones, professore di neuropsicologia intervistato da AD: il vero problema è che i giovani che partecipano a questa tipologia di giochi non ne conoscono i reali rischi e tende a concentrarsi esclusivamente sull’aspetto ludico di queste sfide.
Queste attività, tuttavia, non sono certo nate con Internet, ma esistevano già nella loro versione offline. L’unica differenza è che adesso queste sfide possono raggiungere un pubblico più ampio, in particolare grazie ai social media. I giochi che includono inoltre le registrazioni video delle proprie azioni sono quelli che inducono ai gesti più pericolosi.
Secondo gli esperti intervistati da AD bisogna puntare molto di più sugli strumenti di prevenzione e mettere in guardia i giovani, negli ambienti scolastici o in famiglia, su pericoli e rischi potenziali della Rete.