La storia è nota: il controverso portale populista Geenstijl, con il supporto di giornalisti del calibro di Jan Roos (il polemista in quota Powned che poco tempo fa si inventò di sana pianta un’aggressione notturna per mano di 12 “marokkanen”) e altri think tanks olandesi hanno lanciato mesi fa il comitato Geenpeil.
L’obiettivo: indire un referendum sul Trattato di associazione dell’Ucraina all’UE, anticamera per l’entrata del Paese nell’Unione, considerato dai promotori come un accordo a-democratico, deciso “da Bruxelles” e che costerà agli olandesi milioni di euro per la “corruzione del regime ucraino”.
Lo scorso ottobre il Kiesraad, l’Ufficio Centrale elettorale dei Paesi Bassi ha così confermato la validità delle firme raccolte (427 939) da Geenpeil e, un mese dopo, la Referendumcommissie ha fissato la votazione per il 6 aprile 2016. Giorno nel quale i cittadini, ma solo quelli di nazionalità olandese, decideranno per un il “Nee” o il “Ja”.
E sempre la Referendumcommissie, come previsto dalla legge, ha messo a disposizione fondi per un totale di 2 000 000 di euro verso attività che stimoleranno il dibattito pubblico sul tema. I destinatari riceveranno fino a 50 000 euro, se aziende o associazioni, e fino a un massimo di 5 000 se singoli individui.
Buone nuove per gli organizzatori del referendum, per altro solo consultivo. Un po’ meno per chi è senza passaporto olandese, ma risiede nei Paesi Bassi pagando regolarmente le tasse e vorrebbe, in quanto cittadino europeo, esprimere la propria opinione.
Se tra i due milioni di soldi pubblici ci fosse anche solo un loro centesimo, come la prenderebbero?