Prendi un gay e una cattolica e portali a Gardaland

di Marco Alf

Rachele è una delle mie poche amiche cattoliche praticanti. Credente, con un’esperienza di scoutismo decennale ed una figlia con poco meno la metà dei suoi anni e già più alta di lei; Rachele fa parte di quei cattolici che più che seguire i dogmi, rendono quotidiano il messaggio di accoglienza del Cristianesimo.

Anche per questo siamo amici: quando le nostre idee non coincidono, ci accogliamo a vicenda e ne discutiamo. Ne usciamo entrambi ogni volta arricchiti.

Mentre eravamo in fila per l’Oblivion a Gardaland, qualche sera fa, affiancati da sua figlia adolescente e dalla sua amica del cuore, abbiamo parlato della condanna all’Italia della Corte Europea per i Diritti umani (ECHR). Alcune coppie sposate all’estero hanno chiesto il riconoscimento della loro unione anche in territorio italiano, dove le unioni omosessuali non sono disciplinate, né tanto meno lo sono quelle eterosessuali al di fuori del matrimonio.

Quello che si sa è che, in teoria, l’Italia dovrà adeguarsi al più presto per colmare il vuoto legislativo ed adempiere in particolare all’articolo 8 della Convenzione Europea relativo al diritto e rispetto della vita privata e famigliare.

Questa sentenza tocca tutti e 47 gli Stati aderenti al Consiglio d’ Europa (e fino ad ora solo 24 hanno legislazioni in merito, che si tratti di matrimoni o di riconoscimento a livello di partnership). Volendo l’Italia potrà presentare ricorso entro 3 mesi di fronte ai giudici della “Grande Camera”, ma l’attuale tendenza sembrerebbe quella di cercare finalmente una soluzione nazionale.

Questo importante risultato è merito anche di una coppia italiana, sposatasi negli anni ’90 nei Paesi Bassi, il primo Paese al Mondo ad aver legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Della sentenza si è parlato molto in Europa ma ciò che sfugge agli opinionisti non italiani è la doppia discriminazione del Belpaese, nei confronti tanto delle persone appartenenti alla comunità omosessuale (con questo intendo anche le famiglie di persone omosessuali e perché no, pure i loro amici) sia dei cattolici come Rachele, che fanno loro il messaggio di accoglienza del Cristianesimo, senza però essere troppo larghi di maniche.

La mia amica sembrava non aver mai considerato il fatto che un italiano non eterosessuale è tenuto a pagare le tasse e svolgere i suoi doveri di cittadino, senza aver la possibilità di godere degli stessi diritti di un eterosessuale. Oppure, che i figli delle coppie omosessuali rischiano grosso, nel caso in cui il genitore biologico venga meno. Per non parlare del fatto che se una persona viene malmenata per motivi razziali (legge Mancino) può aggiungere questa aggravante all’accusa…Una persona non eterosessuale non può fare altrettanto.

Da parte mia, non avevo mai considerato che i cattolici inclusivi come Rachele, si vedono additati come omofobi ogni volta che si azzardano a dire “preferiamo che un figlio abbia un padre ed una madre”; il che non significa “non devono esistere altre forme di nucleo famigliare”. Si tratta di una linea sottile, l’espressione di una preferenza, che detta da una giovane donna diventata madre da adolescente e che ha cresciuto la figlia separata dal padre, ha parecchio senso.

Il fatto è che in Italia la disinformazione sul tema è certosina, ben pianificata. Tecnicamente ci sono persone che per via del loro orientamento sessuale devono adempiere agli stessi obblighi degli altri cittadini, ma che non possono godere degli stessi diritti. Senza contare quanto vengono discriminati i molti cattolici con idee chiare, e non contrari alle unioni omosessuali, le cui opinioni contano meno di altri fratelli o sorelle di fede.

Insomma, tutto è molto più complesso di: “i gay sono da curare” e “se non sei pro-gay sei omofobo”.

Si parla di diritti civili, di un contratto tra il cittadino e l’Istituzione.

Personalmente, ho scelto di non contribuire alla ricchezza del mio Paese fino a che non avrò gli stessi diritti dei miei connazionali eterosessuali.

Il vuoto legislativo c’è ed è innegabile.

Chi sostiene il contrario è semplicemente non informato.

La grossa differenza tra i Cattolici inclusivi come Rachele ed il sottoscritto è proprio la loro possibilità di esprimere un’opinione ed essere cittadini con pieni diritti.

Io non lo sono.

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