di Francesca Spanò
Photo credit Martina Bertola
Cina, taboo e sessualità. In questi giorni, mentre Amsterdam inaugura il Gay Pride, il Tropenmuseum sorprende con una mostra che non ti aspetti. Secret Love, questo il nome dell’esposizione in calendario fino al 13 settembre, propone le opere di dodici artisti cinesi – tra cui solo tre donne – che raccontano la storia dell’identità di genere nella Cina degli ultimi 50 anni.
Inchiostri, oli, fotografie, video e collage danno così vita alla prima raccolta al mondo sul tema dei taboo sessuali nel paese. La maggior parte dei lavori è successiva al 1980, quando contemporaneamente alla “politica del figlio unico” seguirono tre eventi significativi per il panorama socio-culturale della Cina: l’affacciarsi dell’arte contemporanea cinese sullo scenario internazionale; i cambiamenti sostanziali nella legislazione sull’omosessualità, decriminalizzata nel 1997 e cancellata dalla lista delle malattie mentali nel 2001; infine la diffusione capillare internet.
La mostra sottolinea il contributo che l’arte ha avuto nell’evoluzione della questione di genere e della diversità sessuale nel paese asiatico. Sotto Mao (1949 – 1976), ad esempio, il nudo, specialmente quello maschile, era ancora considerato troppo intimo per essere mostrato, pornografico e un riflesso della “tossica” cultura occidentale.
L’esposizione racconta come tale visione, rigida e tipica della struttura patriarcale dei nuclei sociali cinesi, sia mutata negli ultimi 50 anni creando un vero e proprio gap tra vecchie e nuove generazioni.
Gli artisti manifestano la presa di coscienza di una neo-acquisita sessualità e, durante il percorso, mettono in discussione le strutture di potere allora vigenti, sfidando il collettivismo in favore di un affermato individualismo, esplorando l’identità religiosa ed esaminando la libertà spirituale. Il tutto anche attraverso nudi, scene di sesso e travestimenti.