di Klizia Capone
Dopo quasi tre decenni al Museo Boijmans Van Beuningen, Friso Lammertse ha accettato l’incarico offertogli dal Rijksmuseum di Amsterdam. Curatore, dal 1992, della Collezione di Dipinti e Sculture Antichi presso il museo di Rotterdam, in quello della capitale si occuperà della pittura del XVII secolo olandese. Di questo e di molto altro ha parlato in un’intervista rilasciata a Codart.
Un destino quasi segnato, quello di Lammertse: padre architetto e madre insegnante d’arte, è stato immerso nel mondo artistico fin dalla nascita. Un legame, quello con il Boijmans, stretto quando, ancora ragazzino, acconsentì ad accompagnare la madre a Rotterdam a patto che andassero a visitarlo.
Il punto di svolta fu, per lui, un viaggio a Londra, dove vide per la prima volta il Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck, e capì che “l’arte può trasportarti in un’epoca diversa e in un universo concettuale”.
Quattordicenne, mentre i suoi coetanei ascoltavano i Ramones e i Sex Pistols, era solito leggere i libri di Max Friedländer sulla pittura fiamminga; è facile capire che la scelta del corso universitario fu immediata e priva di incertezze. Dopo alcuni anni, la grande occasione: l’annuncio di un posto libero al Boijmans. Il resto è storia.
La proficua collaborazione e gli scambi con studiosi di spicco (Jeroen Giltaij, Albert Blankert e Peter van der Coelen, tra gli altri) e lo studio continuo e approfondito della collezione, anche in occasione delle rassegne da lui organizzate, hanno contribuito in maniera rilevante alla sua crescita professionale. Nell’intervista, enfatizza l’importanza dell’attribuzione di un’opera e rimarca il rilievo che può assumere una buona capacità di scrittura ai fini della narrazione e comprensione dello stile di un artista (chi conosce la squisita penna di Roberto Longhi sa a cosa ci riferiamo).
Parla anche dei cambiamenti subiti dalla professione del curatore – che, nel tempo, è diventata sempre più specialistica – e avanza una piccola critica: fino a qualche anno fa, ciò che premeva di più, nell’organizzazione di una mostra, era la messa in sicurezza di un quadro proveniente dall’estero, a discapito della pubblicità; oggi, invece, l’interesse predominante è vendere la mostra, ormai tramutata in prodotto commerciale. Tuttavia, nota Lammertse, la decisione del Museo De Lakenhal di porre fine alle esposizioni blockbuster lascia sperare che, forse, qualcosa stia cominciando a cambiare, almeno nei Paesi Bassi. È quello che ci auguriamo.
Sono numerose le mostre con cui Lammertse ha valorizzato la collezione del Boijmans, ripercorrendo con esse la storia dell’arte olandese (“Da Bosch a Bruegel”, “La strada verso Van Eyck”, “Il giovane Van Dyck”, figurano tra le sue predilette), come lungo e denso è il tempo passato tra le sale del museo, nel quale lo storico dell’arte si sente come fosse a casa.
Tuttavia, il distacco da esso è reso meno spiacevole dall’entusiasmo per la nuova avventura che sta per intraprendere al Rijksmuseum. Lui stesso ammette di provare sentimenti contrastanti, gli stessi che identificano il suo rapporto con l’arte e che lo caratterizzano come uomo, a proprio agio nel passato, ma con uno sguardo sempre rivolto verso il presente. “Mi piace approfondire il passato e forse vivo di più nel passato. Adoro la sensazione che mi dà. Non capisco le persone che sono capaci di vivere solo nel presente, anche se a volte ne sono un po’ invidioso. Ma devi essere in grado di raggiungere le persone, dalla tua bolla. Questo è ciò che rende l’arte così bella. È una bolla che si affaccia sul mondo”.