di Massimiliano Sfregola e Francesca Polo
La figura imponente di Franc Weerwind, ben due metri di altezza, non passerebbe inosservata per strada; se a questo si aggiunge un tono istituzionale nel parlare, dettato certamente dalla carica che ricopre e la scelta ponderata di ogni termine che usa per raccontare Almere, la città che dallo scorso ottobre amministra, può sembrare strano immaginare questi elementi conditi da una voglia di parlare e di argomentare che va ben al di là dell’etichetta. Sembra strano eppure ne rispecchia bene il background culturale: la storia della sua famiglia, infatti, non comincia nel Flevoland ma più lontano, a Paramaribo, in Suriname, paese che i Weerwind lasciano oltre mezzo secolo fa alla volta di Amsterdam dove il burgemeester di Almere, è nato nel 1964. Dopo aver studiato pubblica amministrazione a Leiden e aver ricoperto diversi incarichi, tra i quali quello di sindaco del piccolo comune di Velsen, è approdato lo scorso anno alla poltrona di primo cittadino di Almere, il settimo comune più popoloso dei Paesi Bassi. La prima volta assoluta per un sindaco di origine surinamese su uno scranno cosi alto.
Almere è percepita spesso come una città “satellite” di Amsterdam, una new town della capitale, vista soprattutto come alternativa economica e vicina per i tanti tagliati fuori dai costi esorbitanti della capitale. E’ quindi principalmente una ‘città di servizio’ o è riuscita, nei pochi anni di vita, a sviluppare una sua identità?
E’ certamente un’alternativa alla capitale ma non solo questo. Si tratta di un centro con un’ottima qualità della vita, natura, laghi ed un’eccellente posizione a poca distanza dall’aeroporto di Schiphol. I nuovi abitanti hanno la possibilità di scegliere case “off the grid”, quasi su misura, dove possono essere adottate tutti le ultime innovazioni in ambito di risparmio energetico e sviluppo sostenibile. Quanto alla diversità, la nostra è una città multietnica: vantiamo 185 nazionalità e la metà degli abitanti non sono pendolari ma lavorano ad Almere.
La gente sceglie spesso di vivere in alcune città rispetto ad altre per certi tipi di opportunità lavorative e culturali offerte. Ma nel caso di Almere, un centro di medie dimensioni con pochi anni di storia, quale potrebbe essere l’attrattiva?
Il 65% della popolazione mondiale vive in contesti urbani e tra non molto questa percentuale salirà fino all’80% ma le città tradizionali non danno sempre risposte adeguate a problemi chiave come l’accessibilità al cibo, lo smaltimento dei rifiuti e la salute pubblica. Noi stiamo cercando di puntare molto su questi temi. Organizziamo diverse volte l’anno una fiera sull’agricoltura e stiamo lavorando duramente alla Floriade che avrà luogo nel 2020. Allora potremo mostrare il nostro approccio che punta a realizzare una città a zero rifiuti, dove il materiale di scarto viene interamente reintrodotto nel circuito produttivo. Per fare questo stiamo lavorando a sinergie con le università per costruire un ambiente dove insetti, alberi e vegetazione interagiscano nell’ecosistema urbano per garantire illuminazione e l’irrigazione.
I progetti sembrano molto innovativi ma qual è la situazione sul piano sociale? La coesione è stata possibile anche se gli abitanti di Almere non hanno un passato che condividono?
Se vogliamo questo è un vantaggio perchè abbiamo spazio per riflettere e sperimentare senza pregiudizi. Sul piano culturale il processo è straordinario perchè mancano molti dei problemi dei grandi centri. Quanto alla politica, il PVV da queste parti è il primo partito. Influenza in qualche modo l’atmosfera della città? Assolutamente no. C’è sicuramente una parte della società conservatrice che negli anni ’70 si è trasferita qui da Amsterdam ma sinceramente non li vedo affatto come un problema.
Quindi, nonostante Almere sia una delle due città olandesi, insieme a Den Haag, con una forte presenza del partito di Wilders e rappresentanti eletti in consiglio, ciò non rappresenta un elemento di frizione sociale?
No, sinceramente non ho alcun tipo di problema con loro. Se guardate bene, il PVV ha presenza in ogni altra città dei Paesi Bassi con la sola differenza che non ha rappresentanza nei consigli comunali; quello di Almere è formato da 11 partiti e lavoro con tutti mantenendo aperto il dialogo.
Lei è il secondo sindaco espressione di una minoranza etnica eletto nel consiglio comunale olandese di una grande città. Il suo lavoro, se vogliamo, è persino più complesso di quello di Amhed Aboutaleb che è primo cittadino di un centro come Rotterdam, città con una lunga tradizione multietnica. Come è stata accolta la sua elezione ad Almere? E’, secondo lei, un fattore di coesione o di divisione?
La mia responsabilità come primo cittadino è di garantire la coesione. Sono nato ad Amsterdam e ho studiato ad Harlemmermeer, in una scuola dove allora ero l’unico studente di colore. Oggi le cose sono molto diverse, la società olandese è cambiata radicalmente. Basta girare per un centro commerciale di Almere il sabato pomeriggio per rendersene conto: si vede gente di ogni origine etnica che parla decine di lingue diverse. Io, tra l’altro, sono stato scelto da 11 partiti e tutti mi hanno voluto come sindaco. Ho la responsabilità di contribuire nella costruzione di questa nuova società.
Le aggressioni a sfondo razziale, però, non sono un ricordo del passato: solo poche settimane fa, a Zwolle, un giovane è stato definito “negro”, aggredito e picchiato in strada. Potremmo limitarci a definire questo il gesto di “idioti” ma forse, sullo sfondo, c’è qualcosa di più preoccupante. Cosa ne pensa?
Spesso alcune persone hanno poco rispetto per gli altri, usano facilmente luoghi comuni e si fanno guidare dalla paura. Penso ad esempio all’Europa. Guarda le reazioni ai 10 miliardi di euro stanziati per la Grecia e il clamore dei media. Non possiamo chiuderci ed isolarci se vogliamo un’Europa forte. Quando ci sono problemi, invece di pensare a soluzioni tutti insieme molti cercano vie d’uscita facili, rimarcando le differenze tra I singoli. E’ sempre stato cosi; ad esempio per noi in Indonesia, ma anche il Regno Unito e la Francia con le loro ex colonie. Noto, tuttavia, che tra le nuove generazioni, il colore della pelle e l’orientamento sessuale sono questioni sempre meno rilevanti. Praticano sport insieme, crescono insieme e non si preoccupano molto delle differenze. Per loro il talento individuale è la cosa più importante. Per le vecchie generazioni è più difficile soprattutto per quelli con un basso grado di istruzione ma se ci focalizziamo su singole questioni perdendo di vista I problemi che riguardano tutti come la costruzione di nuovi alloggi e l’ecosostenibilità non riusciremo ad andare avanti.
La comunità del Suriname è molto orgogliosa della sua identità; sicuramente è un fattore positivo da un lato perchè aiuta a tenere vive le tradizioni mentre da un altro, potrebbe rappresentare un elemento di divisione.
Se la questione è tema di discussione certamente no. La comunità surinamese rappresenta l’11,4% della popolazione ed è la più grande minoranza della città. Si tratta di gente orgogliosa che non teme di condividere le sue tradizioni culturali e culinarie. Sono anche ben integrati, una situazione lontanissima da quella degli anni ’70 quando veniva associata allo spaccio di cocaina e alla prostituzione. Oggi I surinamesi hanno una buona posizione nella società e rivestono anche incarichi importanti.
La stampa nazionale l’ha definita “l’Obama olandese”. Si riconosce in questa definizione?
Obama è un grande leader ed è un onore essere paragonato a lui ma io sono Franc Weerwind e il mio lavoro è qui, ad Almere.