L’estate scorsa, il governo uscente ha preso in considerazione la possibilità di chiudere temporaneamente, parzialmente o addirittura completamente le aziende inquinanti nei Paesi Bassi ma su base volontaria: il governo, insomma, non avrebbe imposto nulla. L’obiettivo era quello di consentire allo Stato di conformarsi pienamente alla sentenzaUrgenda, lo storico verdetto che ha imposto al governo NL di ridurre le emissioni.
Il governo alla fine ha optato per altre misure, ma non si può escludere che il piano di chiusura sia ancora un’opzione in futuro, dice Nieuwsuur che ha richiesto -tramite un accesso agli atti- all’esecutivo di fornire documenti. Le aziende nella lista di possibili chiusure, comprende quelle con impianti industriali e impianti di incenerimento dei rifiuti.
I giudici svolgono un ruolo cruciale nei Paesi Bassi nelle cause legali di gruppi ambientalisti e attivisti per il clima e dai documenti, dice NOS, emerge la battaglia all’interno del ministero per conformarsi alla sentenza: secondo i funzionari, l'”incertezza” sarebbe “completamente” rimossa se si riducessero da 10 a 15 megatoni di CO2 in breve tempo. Questo è più o meno equivalente a ciò che l’industria dovrebbe ridurre solo entro il 2030, secondo l’accordo sul clima.
In una risposta, il ministero afferma che tale importo si basa sui dati dell’Agenzia olandese per la valutazione ambientale (PBL): ridurre così tante tonnellate di CO2 sarebbe “tecnicamente possibile” – scrivono i funzionari – solo se si facessero sforzi diretti per chiudere gli impianti industriali fossili. Qualcosa che probabilmente non è mai successo in Europa, secondo una nota. Le misure che non riguardano la limitazione del volume si tradurranno in una riduzione limitata, scrivono i funzionari.
La Confindustria NL, VNO-NCW crede che chiudere le fabbriche non migliori il clima. “Questo porta solo a uno spostamento della produzione, spesso verso Paesi dove le emissioni consentite sono più elevate. È quindi positivo che questa misura sia stata accantonata e che, insieme alle aziende, il focus sia sulla politica industriale verde”.
Il governo ha deciso di non adottare la misura drastica per vari motivi e allo stesso tempo, il provvedimento non è stato discusso nel processo di formazione del nuovo governo. Nei documenti era previsto un compromesso: indire una gara per offrire incentivi alle aziende che avessero prodotto uno schema credibile di riduzione dell’inquinamento
In termini di costi, il ministero stima il risarcimento per le aziende tra i 500 ei 1500 euro per tonnellata di CO2 ritirata dal mercato ma il documento ministeriale indica un problema concreto: potrebbe trattarsi di aiuti di stato e per questo, vietati dall’UE.