“L’arte del compromesso senza capitolazione”, così l’Economist apre un pezzo d’opinione sull’attuale stallo tra “paesi frugali”, con l’Olanda in testa, e il resto d’Europa. “Mark Rutte è un cattivo sui generis”, scrive il settimanale finanziario britannico, “Di persona, il primo ministro olandese assomiglia a un vicario iper-caffeinato, che mescola allegria maniacale con i sermoni sull’importanza di vivere secondo i propri mezzi”.
Eppure, al momento è l’uomo che tiene in scacco l’Europa con i suoi no e le 1000 condizioni che vorrebbe vedere collegate al Recovery Plan. Secondo l’Economist, la posizione dura di Rutte è tale perchè sostenuta da 2/3 degli elettori olandesi che ritengono ingiusto sostenere economicamente il sud che si trova nei guai perchè non sa spendere oppure non ha attuato riforme convincenti.
“L’opposizione è filosofica oltre che fiscale. In tutta l’Europa meridionale, il debito collettivo è visto come un percorso verso la libertà. Tra i legislatori dell’Aia, ciò significa un controllo più rigoroso: se i contribuenti olandesi devono pagare, allora dovrebbero avere voce in capitolo”. La fiducia nella Commissione europea è scarsa.
Secondo il settimanale finanziario, il destino della Merkel è di Rutte è comune: la prima ha ceduto sulla questione del debito comune perchè in Germania non ci sono elezioni alle porte. La sua controparte olandese, al contrario, pur essendo -come lei- il leader più longevo dell’area euro (investito da picchi improvvisi di popolarità per la gestione della crisi corona) ha scelto “un altro modo per capitalizzare la sua popolarità”.
Benchè la posizione di Rutte sia stata sempre un euroscetticismo “soft” di recente ha tirato la volata ai partiti anti UE del suo Paese, radicalizzando le posizioni ma senza far fuggire l’elettorato moderato, scrive ancora l’Economist.
“L’euroscetticismo olandese è più sottile di quanto affermino i suoi populisti. Circa il 70% degli olandesi voterebbe per rimanere nel blocco se fosse offerta la possibilità di decidere, in linea con il dato medio in tutta l’UE. Mentre solo il 53% degli italiani è pro Unione. Ciò non significa che gli elettori olandesi vogliano più Bruxelles nella loro vita”. Così va bene, insomma, basta non si parli di soldi.
“La flessibilità è sempre stata una delle abilità di Mr Rutte”, dice ancora l’editoriale: il premier olandese ha portato il suo partito, VVD, da destra a sinistra sulla base dell’opportunità del caso. Questa tattica ha funzionato per quasi 10 anni.